Asino d’oro, addio!

Ricevo e pubblico (con qualche settimana di ritardo, ma i tanti impegni di scuola e di vita non hanno permesso di procedere prima) l’editoriale di Paolo Diodati che annuncia la chiusura del premio l’Asino d’oro, che abbiamo ospitato su queste pagine per diverse edizioni, a partire da quella del 2007: 15 anni con premi anche clamorosi, che trovate raccolti nella pagina dedicata. “Ora – scrive Diodati – la deriva antiscientifica di critici, dubbiosi e perplessi ha forse ho raggiunto (o superato?) il ridicolo…” Ci sarebbe insomma da assegnare premi su premi e in pochi hanno il coraggio di metterci la faccia. Quindi, in sostanza, il premio chiude.

L’editoriale (inizialmente diretto ad altra testata, la quale però ha preferito non pubblicarlo) trova spazio sull’Universo in Clessidra e ci pare una degna conclusione a quanto il prof. di Perugia ha saputo proporre, con la sua mente acuta, in 15 anni di affondi e stoccate.

A voi, fedeli lettori dell’Asino d’oro, che avete accompagnato ora in silenzio ora con gustosi commenti queste pagine, un ultimo “Buona lettura”!

Andrea Macco

Il ritorno delle Gare a Squadra in presenza

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Vola solo chi osa farlo. (Luis Sepúlveda)

Quelle on-line non rendono la metà della metà della loro bellezza, della loro efficacia per i ragazzi. Quelli delle Medie in particolare.

Sono una delle cose che ci è mancata di più negli anni della pandemia. Sono le gare a squadre di Matematica e, solo se vissute in presenza, guardandosi in faccia, respirando la tensione nell’aria, tra le grida di smarrimento di un tavolo e quelle di gioia dell’altro, possono dirsi tali!

E così, già dalla scorsa primavera, noi delle Immacolatine abbiamo osato dove altri stavano ancora in attesa. L’ottava edizione è stata un successo che ha ridato il via a tanto entusiasmo. La nona edizione di quest’oggi, 6 dicembre 2022, ha confermato che c’è voglia di mettersi in gioco, specie tra i più piccoli, ma anche tra chi, a gare c’è cresciuto negli anni pre-pandemia. In questo senso è bellissimo ritrovare gli ex-alunni che tornano a dare una mano come giudici di gara!

Ora siamo pronti per la prima gara “ufficiale” e, visto che a Genova la gara Kangourou non si tiene più (sig!) ci lanceremo il 17 dicembre in trasferta, alla volta di Carrara, per la Coppa Marconi… Non sappiamo come andrà, ma siamo contenti di esserci. Perché, come dico sempre ai miei ragazzi, chi partecipa ha già vinto ed è già arrivato davanti a tutti quelli che hanno scelto di non scendere in campo e di stare in disparte. Il nostro motto, invece, è quello posto: Gioca, non stare a guardare!

Andrea prof. Macco

PS: trovate la pagina dedicata a Coppa Immacolatine (QUI) aggiornata con testi, soluzioni e classifiche delle ultime edizioni e, novità assoluta, con l’Albo d’oro completo di tutte le 9 edizioni passate. E se, allo scoccare della 10a edizione, ci fosse una speciale edizione della memoria?!?

Il ritorno dell’Asino d’oro

Il tempo per aggiornare queste pagine si è, negli ultimi anni, drasticamente ridotto. L’impegno per una didattica non del nascondimento, ma intessuta di tutto il vissuto scolastico (lezioni, schede, laboratori e, su tutti, il voler insegnare un metodo prim’ancora che dei contenuti) assorbe molte delle mie energie.

In parallelo ci sono altri impegni di vita (i miei ragazzi scout… e poi nuove pubblicazioni letterarie cui sto lavorando da tempo, e altro ancora di cui ora non è bene che mi prolunghi a parlare) e così ho preferito aggiornare più le pagine social (instagram su tutti, usato anche come piattaforma per alcuni progetti di Fisica con le mie classi del LES ai tempi del Liceo Pertini… chissà se riuscirò a usarlo anche per qualcosa con i miei nuovi studenti dello Scientifico Laboratoriale KING…?) piuttosto che questo blog. Spero che i lettori comprendano. Tra questi ce ne è uno con cui, più di tutti, mi devo pubblicamente scusare. È l’indomito Paolo Diodati di Perugia che, dopo alcuni anni di pausa, ha ripreso, dal periodo della pandemia, a riunire la Commissione per l’Asino d’oro per nuove assegnazioni.

Il sottoscritto – visto il poco tempo a disposizione – si è fatto da parte per quel che riguarda la disamina delle candidature. Il fatto, poi, di aver ospitato un premio e di aver sostenuto alcune candidature in passato, non significa approvare necessariamente ogni altra candidatura presente e futura. Semplicemente, ho preferito per questi ultimi premi assegnati, mantenere un atteggiamento di neutralità. In ogni caso, come giusto che sia (e come promesso da tempo all’amico Paolo) ho provveduto ad aggiornare la PAGINA DEDICATA.

Sperando, un giorno, che né il sottoscritto, né qualche suo ex studente possano finirci in virtù di qualche strafalcione scientifico che possa essere scappato in qualche laboratorio scolastico o appena fuori del mondo della scuola…!

Accompagniamo l’aggiornamento della pagina anche con le foto che Paolo Diodati ci ha inviato a riguardo del premio recentemente assegnato per il 2021. Sperando, davvero, che il futuro ci riservi un periodo senza più pandemie, isolamenti e davvero poco efficaci didattiche a distanza. Una parola che, evocata, meriterebbe, lei da sola, un asino d’oro speciale: quello della madre di tutti gli asini d’oro. Perché senza scuola, come diceva un altro collega che gode della mia stima, il prof. Raffaele Mantegazza di Milano, crescono nuove generazioni prive della sola cosa che possono davvero temere i potenti dispotici: teste in grado di ragionare!

Andrea prof. Macco

Raccontare destini

Ecco un post per chi dovrà affrontare, a breve, l’esame di Stato, sia esso quello di Terza Media o quello di Maturità (diciture che dovrebbero essere bandite ma che invece tutti, dal Ministro in giù, usano abitualmente!). L’intervento, a cura della poliedrica collega Simona Butò, è tratto dalla rivista di ricerca didattica MYTHOI – brevi ‘storie di quasi tutto’ (n.2 – 2021).

L’articolo, bellissimo, non necessita di altri commenti o lunghe presentazioni: spero potrà parlare a ogni lettore come ha parlato a me…

E allora… Buone narrazioni, buoni esami!

Andrea Macco

Raccontare destini
Simona Butò

Virginia Woolf scriveva che, in definitiva, ogni romanzo è una autobiografia. Che la voce sia un io oppure un tu, la storia che essa narra – in mille possibili timbri differenti – si risolve sempre nel racconto di un destino all’opera.
Esistono i programmi ministeriali, esistono gli argomenti trattati nelle singole classi, vi sono i percorsi che ogni docente ha immaginato e reso concreti per i suoi studenti.

Eppure, ogni esame è una risorsa, deve essere un’occasione di scoperta e di crescita. Sia per il docente che per lo studente.


Mi auguro, perciò, che gli esami di Stato che ci aspettano non si vestano soltanto da interminabili collegi docenti né si preparino a lasciarsi ricordare come sabbie mobili burocratiche dalle quali avremo imparato a districarci.
Mi piacerebbe che – in una sorta di tacito patto condiviso tra noi docenti scegliessimo di guardare alla moltitudine di elaborati che ci apprestiamo a concordare-suggerire-correggere-leggere-ascoltare come alle molteplici (ma, ciascuna, ‘unica’ perché unico è ognuno degli studenti che abbiamo davanti) possibilità di raccontare un destino.


Scrivere la storia della propria vita è quell’attività che ognuno di noi compie incessantemente, anche senza indossare l’abito del romanziere. La scriviamo mentre raccontiamo a noi stessi gli eventi di una giornata appena trascorsa, mentre
rimuginiamo su azioni ed eventi, mentre progettiamo ciò che deve ancora venire. E le parole che scegliamo, nel corso di questo racconto del quale spesso assistiamo in modo inconsapevole al dipanarsi, sono – come ci ricordano quelle lontane ἔπεα πτερόεντα – frecce alate. Volano e colpiscono in modo chirurgico: accurate e senza pietà.
Per questo, è fondamentale sceglierle bene.


Facciamo in modo che il singolo elaborato del singolo nostro studente diventi una narrazione, nella quale le parole e le immagini saranno state accuratamente scelte con lo scopo di dire il proprio destino in azione. Proponiamo temi che abbiamo la certezza – non li abbiamo forse accompagnati per tre/cinque anni? – possano essere declinati nelle loro vite particolari. In modo da poter dare l’occasione ad ognuno (anche allo studente ‘dalla webcam perennemente spenta’) di rileggere la manciata di anni che ha alle spalle alla luce di una grandezza che noi abbiamo portato davanti ai suoi occhi, durante le nostre lezioni e attraverso i compiti da noi assegnati.

Dimostriamo loro che la consapevolezza di chi siamo è il dono più grande che possiamo conquistare. Senza dimenticare che lo faremo sempre guardando negli occhi chi ci sta chiamando a farlo.


L’identità è il destino che abbiamo alle spalle” scriveva M. Veneziani.

Se le nostre proposte di elaborato avranno questa, di tensione, al loro interno, sono certa che renderemo molti quattordicenni e diciannovenni fieri di ciò che avranno creato: un canovaccio di identità.

Per lasciarsi meravigliare…
“Tuche mi guardi, tuche mi racconti”, A. Cavarero, Feltrinelli, 1997
“How our lives become stories”, P.J.Eakin, Cornell University Press, 1999

Nota finale dell’autrice:

Nella scuola in cui (da venticinque anni) insegno, chiudiamo il momento del colloquio con il candidato con un gesto che ha la pretesa di sancire un ‘punto di non ritorno’: l’uscita dalla scuola secondaria di primo grado. In qualche minuto, il coordinatore racconta la storia di un triennio vissuto, alla stessa persona che lo ha vissuto e che ha appena concluso la sua prova. “Per tre anni ti abbiamo guardato, e adesso ti raccontiamo chi ti abbiamo visto diventare”. In un dispiegarsi di immagini narrate che svelano a chi ne fu protagonista un accenno del loro senso, sottolineando talenti e fornendo qualche spunto per smussare, nel prossimo futuro, qualche asperità di metodo. Chiudere in tal modo un colloquio di trenta (e più, spesso!) minuti, nel quale le esperienze, gli incontri con la realtà e la conoscenza sono stati oggetto di dialogo, ha qualcosa di… epico. E non di rado gli occhi di tutti si inumidiscono.

Sulle tracce della Storia… Tra Meridiane e Tradizioni scout

Condivido con i miei 25 lettori di manzoniana memoria due recenti articoli che ho avuto modo di preparare in questi ultimi mesi. Per una volta non parlo di scuola e di didattica ma di altre due passioni della mia vita:

  • lo Scautismo, con un articolo che racconta il “dietro le quinte” della ricerca sull’IPISE che mi portò a pubblicare, tra il 2011 e il 2012 le due edizioni del volume: I.P.I.S.E. – Un abbraccio che va da Baden-Powell ai nostri giorni.

L’articolo mi è stato chiesto dall’Associazione Guide e Scouts San Benedetto (associazione presente sul territorio siciliano) ed è stato pubblicato sulla loro rivista CAMMINO (n. 104 – I trimestre 2021). Eccolo:

  • Gli orologi solari e le meridiane (già trattate in questo post: il tempo perduto delle meridiane), in particolare quelle legate al patrimonio culturale della montagna e, più precisamente, della valle che da anni frequento, la Val d’Ayas in Valle d’Aosta.

Sul n. 11-12-1 Novembre-Dicembre 2020 – Gennaio 2021 di “L’écho de nos montagnes – La Voce dei Campinili” è uscita la prima puntata di quello che sarà un lungo itinerario alla scoperta delle meridiane note e meno note del territorio ayassino. Eccola:

Buona lettura e per qualunque osservazione in merito (commenti, pareri, ulteriori informazioni…. per le Meridiane già diversi lettori del Bollettino mi hanno scritto!) non esitate a lasciare un commento qui o a contattarmi privatamente.

Andrea Macco

DAD: quanti problemi! Così nasce il Progetto FisicaLes

Il 2020 si sta concludendo… prof. Andrea Macco, ci dà un suo commento flash sulla famigerata “DAD”, la Didattica a Distanza…?

La Dad? Nonostante tutto, noi ci abbiamo provato e ci stiamo provando!

A fare cosa, prof?

A far andare avanti la scuola nel suo momento forse più difficile… almeno parlo da quando la frequento io che ho 38 anni… E non dico solo di “tenerla a galla”: si tenta, con le poche risorse che si hanno ma, soprattutto, con tanta buona volontà, di farla navigare in maniera efficace e un minimo costruttiva!

Manca la progettualità?

In questo momento manca senz’altro una progettualità a medio e lungo termine. A volte manca pure quella a breve termine, nel senso che si sa l’orario di una settimana e non di quella dopo… E non voglio dare la colpa a nessuno in particolare: è la realtà della maggior parte delle scuole se non di tutte quelle Superiori… In questa situazione di “navigazione a vista” dobbiamo inserire la didattica di ogni insegnante e far sì che risulti non uno spreco di tempo e risorse ma che sia comunque efficace…

Senza che gli studenti si imboschino, facciano pseudo interrogazioni, copino le verifiche e non seguano quasi più veramente le lezioni? Perché queste sono le cose che si sentono dire…

Già… tutto questo fa parte della attuale realtà scolastica, almeno di quella in Didattica a Distanza. E’ un dato di fatto. Chi lo nega ha gli occhi foderati di prosciutto oppure vive in una realtà davvero fortunata.

Quindi la Didattica a Distanza è un fallimento?

In parte lo è. Specie se ci si ostina a voler adattare il modo di fare scuola in presenza con quello a distanza. Occorre un cambio di prospettiva, di passo, di organizzazione … mentale prima ancora che pratica.

E lei c’è riuscito prof?

Sono sincero: solo in parte. Fatico come tutti, ma non mi arrendo. Cerco nuove idee, cerco di non abbandonare gli studenti. Cerco di agganciarli comunque, in qualche modo. E per fortuna non sono il solo a farlo. Anche se… la mentalità della scuola fatta di lezioni frontali, interrogazioni, verifiche basate sulle conoscenze è molto radicata intorno a noi.

E come si fa a non valutare le conoscenze?

Semplice, si valutano abilità e, soprattutto, competenze. Si devono valutare i processi con cui gli studenti lavorano e giungono ad una risposta, non la risposta contenutistica in sé la quale – siamo sinceri – è sotto gli occhi di tutti in qualunque momento. Internet, una persona collegata dall’altra parte dello schermo, gli appunti (quando ci sono e sono stati presi!) tenuti aperti a fianco del PC. Chi nega queste cose o è un illuso o è un passo, che dico?, dieci passi indietro rispetto agli studenti. In pratica: li ha persi.

Quindi, in concreto: non ti chiedo più di dirmi la soluzione di un problema, ma di spiegarmi i passaggi che hai fatto per arrivarci. Ti faccio vedere un’equazione risolta in maniera errata da un compagno e ti chiedo di trovare il passaggio che contiene un errore. Non ti chiedo di dirmi un limite, ma di segnarlo sul grafico o di leggerlo sullo stesso. Non ti chiedo cosa dice la Legge di Coulomb ma ti faccio vedere un video con un esperimento che la richiama e ti chiedo di commentarmelo sulla base di quanto abbiamo visto insieme. E valuto la tua partecipazione, i tuoi interventi durante le video-lezioni on-line. Premio se ci sei, se intervieni e come intervieni: premio se scegli di sbagliare con la tua testa (ma la usi!) piuttosto che far giusta con quella di qualcun altro. Valuto il processo, rinuncio alle conoscenze.

Ma è più difficile così!

E chi ha detto che sarebbe stato più facile? Valutare le competenze è un processo più difficile sia per il valutatore sia per chi è valutato.

E per chi non si fa valutare e si “imbosca”?

Quello è il vero problema. Chi in DAD si perde. Ci sono due categorie: gli “sperduti” veri, che vivono reali problemi nella loro situazione familiare (il covid c’è e i parenti che perdono il lavoro, che finiscono all’ospedale o, peggio, che lasciano un adolescente a dover affrontare la vita da soli proprio ora ci sono, purtroppo, proprio nelle nostre realtà e vite…). Sperduti veri possono anche essere quegli alunni che, comunque, specie a lungo termine, non riescono a seguire a distanza, non per pigrizia o volontà debole ma perché manca loro la presenza, il contatto fisico con i compagni e con una classe, con gli spazi di un’aula, col docente che gira tra i banchi, che magari “obbliga” a tirare fuori i quaderni o che “manda alla lavagna” a svolgere un esercizio guidato, ma che così facendo dà un metodo. Oggi ancora non abbiamo un metodo per una DAD efficace. Non è presente nei nostri regolamenti, né nella prassi quotidiana, perché la prassi si costruisce con mesi e anni di esperienza sul campo, di tirocini, di confronti, di generazioni che trasmettono una all’altra le buone pratiche da mettere in campo.

Ma torno agli “imboscati”. Ci sono poi gli “sperduti” fasulli, che accampano scuse, che non ne hanno voglia, che diventano “poltronai” a cui aggiungo l’aggettivo “ignoranti”. Se uno fosse solo poltronaio ci potrebbe stare, mica tutti dobbiamo essere iper-attivi e ultra-efficicenti, no? Ma il guaio è l’ignoranza che si porta dietro: vorrei dire molti, ma dico speranzosamente alcuniAlcuni si ritroveranno diplomati senza sapere nulla e senza sapere fare nulla. Queste persone che faranno poi nella vita? Continueranno a fare i poltronai? A vivere di espedienti? Magari sì… ma magari, invece, malediranno i tempi della DAD e di tutto ciò che “avrebbero potuto imparare” e che, invece, ora noi non gli abbiamo saputo dare, ora loro hanno scelto di non apprendere.

E dunque, lei che fa con queste persone?

Soffro. Sento che mi manca una parte di classe. Non riesco a vedere se qualcuno “dorme” in classe. Fatico molte volte a capire se la classe ha davvero capito la mia lezione. Magari dialogo con 5-6 studenti che sono interessanti e che vogliono davvero capire le cose ma…tutti gli altri?!?

Soluzioni?

Ne vedo tre: 1) chiedere aiuto agli altri colleghi. Fare rete. Per quanto questo sia contro-effettuale, dal momento che anche noi insegnanti ci troviamo “isolati” dietro i PC. Manca l’incontro in sala insegnanti, nei corridoi, al cambio dell’ora. Quelle che sembravano perdite di tempo, scambi al volo, lagnanze su Tizio che ha fatto male la verifica di recupero facilissima, Caio che dopo due ore di Letteratura medievale con interrogazione annessa è bollito, non interrogarlo se puoi e Sempronio che era per tutta l’ora distratto a guardare e ridere con la compagna con cui ci prova… in realtà erano scambi preziosissimi per avere “il polso” della classe. Oggi mancano tantissimo e bisogna cercare di ritagliarsi momenti extra per averli.

2) sperare in un presto ritorno in presenza e una didattica che non proceda solo a distanza. Ci fosse una alternanza tra DiP e DAD , allora i momenti di lezione con le tecnologie sarebbero una risorsa. Trasformati in una Didattica a Distanza al 100% divengono duri, lunghi e pesanti da affrontare. Perché certe cose si possono adattare, altre addirittura in DAD possono essere migliori: l’uso di software didattici, di presentazioni, di contenuti multimediali… e pure i problemi di disciplina sono quasi azzerati… Ma a che costo? Ci sono cose che – dicevo prima – sono insostituibili. Quegli sguardi…. le lavagnate che danno un colpo d’insieme… il girare tra i banchi… il pescare chi dorme e chi è distratto…

Ha reso l’idea prof! Senza parlare della valutazione in presenza che, come diceva lei prima, è tutt’altra cosa rispetto a quella a distanza. E la terza soluzione che aveva in mente?

La terza strategia si chiama ingegno. Innovazione. Creatività. Il tirare fuori cose vecchie e cose nuove, combinarle e… sperimentare. Io li ho chiamati “progetti” ma non sono – per fortuna! – l’unico ad averli messi in campo. In rete ho trovato bellissime idee, non solo per le mie materie (anzi, nelle mie si scarseggia un po’…) con role-game, progetti multisciplinari, piattaforme on-line e social volte a catturare e coinvolgere chi si è perso, ma anche per dare nuovi stimoli, al passo con la società… insomma strategie e progetti per tutti, volenterosi e meno volenterosi.

E lei che ha fatto prof? Su, ce lo dica!

L’anno scorso fu il Progetto Fi-l-Ma…. Ricordate? [Lo abbiamo presentato QUI] Quest’anno… è il progetto FisicaLes…. Di che si tratta? Beccatevi il video di lancio e … se vi piace o vi incuriosisce l’idea (e avete un profilo Instagram) potete seguirci sulla pagina dedicata (QUI)

Grazie prof, lo faremo senz’altro! E che il 2021 sia in Presenza o ancora a Distanza, auguri a lei e ai suoi studenti con i suoi Progetti!

Progetto FisicaLes su Instagram: https://www.instagram.com/fisicales/

In memoria del prof. Carlo Del Noce

IN MEMORIA DEL PROF. CARLO DEL NOCE, MENTE BRILLANTE E DOCENTE PREPARATISSIMO – LA SUA ATTENTA DIDATTICA E LA SUA VASTISSIMA CULTURA CI MANCHERANNO.

Di Andrea Macco

E all’improvviso, per un malore al cuore, ci hai lasciato. Tu che di cuore ne mettevi tanto nella scuola: sempre pronto ad aiutare molti giovani colleghi che ti avevano come esempio e, soprattutto, sempre dietro a quegli alunni cui dedicavi tantissimo del tuo tempo e verso cui riversavi, con una passione oggi rara e una didattica in costante aggiornamento, il tuo sapere vastissimo.

Caro Carlo, hai segnato il mio modo d’essere insegnante, sei stato mio tutor (insieme ad un’altra colonna, il prof. Pino Bruzzaniti), nel 2013 – anno del mio TFA con il tirocinio al Liceo Cassini – e fu per me un piacere assistere alle tue brillanti lezioni, apprendere i tuoi metodi docimologici di valutazione e avere un confronto costruttivo, lucido e profondo, a 360 gradi, sul mondo della scuola e della didattica. Patrimoni questi che – non lo dico solo io e non è retorica! –  in pochi possono dire di possedere come li possedevi tu.

Apprezzai tanto la tua sensibilità verso ogni singolo studente (tanto da adattare le interrogazioni, ora dal posto, ora alla lavagna, ora più sulla teoria, ora più sugli esercizi a seconda del tipo di carattere del singolo allievo) quanto la tua imparzialità nel procedere con le correzioni degli elaborati scritti. Il metodo che ancora oggi applico – e che tanti ammirano della mia didattica – di griglie dettagliate e funzionali, lo appresi proprio da te. E non fu un caso che, quattro anni dopo, alla maturità del 2017, quando ci ritrovammo casualmente insieme sempre al Cassini (tu membro interno di Matematica, io esterno di Fisica), marciammo spediti e compatti nella correzione delle prove scritte dell’esame di Stato. In mezzo alla tempesta, il nostro fu un procedere saldo e un lavorare da vera squadra!

E poi, come non ricordare le tue mail nel corso di questi anni (dal 2013 fino allo scorso giugno) ricche di spunti, ora di autori stranieri sulla didattica, ora sulle gare e le competizioni sia matematiche sia fisiche, ora sulla statistica (altra branca in cui eri maestro!) ora sulle frontiere della ricerca nella Fisica, ora sulla scuola italiana in generale, ora – parte per me preziosissima grazie ai pochi ma mirati consigli che sapevi tirare fuori – sulla mia situazione scolastica! Sapevi darmi luce e infondermi sicurezza quando io non l’avevo, sapevi trasmettermi stima e al contempo voglia di fare quand’anche avessi messo in condivisione qualche difficoltà incontrata in quella o quell’altra classe.

E ancora, come non ricordare le tue mail o i tuoi discorsi a quattro occhi? Spesso si concludevano con queste tue esclamazioni: “Che bello insegnare! Andrea, abbiamo scelto uno dei mestieri più belli del mondo!”

Ed era vero. Ed è vero. Conservo la tua relazione sul mio semestre di tirocinio nelle tue classi – e quanta stima e parole indegnamente spese per il sottoscritto! – conservo indelebile il ricordo di quel pomeriggio passato davanti al PC a preparare l’esame finale di abilitazione: appresi più sull’intero senso dell’elettromagnetismo in quel pomeriggio che in 5 anni di università! (hai sempre avuto, tra i tanti tuoi doni, quello di una visione unitaria e al contempo didattica degli argomenti… favoloso!). Ed ora, più che mai, tengo stretta ogni tua mail, ogni tuo quiz, ogni tuo testo di compito in classe condiviso con me in questi anni. E vorrei avere una macchina del tempo per tornare indietro e poter passare più ore a discorrere con te di didattica e di moltissimi di quegli argomenti che nei libri di testo sono affrontati solo marginalmente e che tu, invece, sapevi padroneggiare alla grande, tirandoci fuori delle lezioni strepitose. Penso ai problemi di scelta, piuttosto che alla geometria solida, piuttosto che al concetto di asintoto e di infinito, piuttosto che al capitolo sulle costruzioni matematiche, piuttosto ancora che sulle distribuzioni statistiche, per non parlare dell’interferenza delle onde e dell’acustica… Quanto ti piaceva la musica…! ancora a gennaio mi mandasti un bellissimo video (“When the Saints Go Marching In – in 10 styles”) con queste parole: “Un piccolo divertissement musicale per iniziare il 2020 divertendoci un po’. – cui aggiungevi – Molti cari auguri per un anno pacifico (c’è di meglio?). Carlo”. Le cose hanno evidentemente preso una piega differente e ora ci lasci con un vuoto incolmabile. Un vuoto che, mi sento di dire, solo chi ha avuto la fortuna di averti come collega e di lavorare con te fianco a fianco, forse (forse…!), potrà in minima parte cercare di colmare, portando avanti ciò che da te ha appreso. Sopra tutto, la tua passione e il fatto che, come mi scrivevi il 24 settembre 2019 – condividendomi le tue recenti scoperte in fatto di origami applicati alla didattica della geometria! – la scuola è bella anche per un insegnante, perché egli continua a imparare!

E allora, Carlo Del Noce, grazie per tutto ciò che hai seminato, in me e in tantissimi colleghi e alunni che hanno avuto la fortuna di incontrarti, grazie anche a nome di quelli che magari lì per li non ti seppero capire, o valorizzare. A volte una critica sembra fare molto più rumore di tanti muti consensi e pensieri di stima rimasti inespressi nelle menti e nei cuori. Ma questi ultimi sono tantissimi e queste mie parole certo non sono sufficienti a rendere merito e giustizia a uno dei migliori insegnanti che la scuola genovese e italiana abbiano avuto negli ultimi anni. Tu non lo avresti nemmeno voluto, forse, un articolo così, lo avresti considerato troppo quand’anche fosse troppo poco. Lavoravi tanto, e nel silenzio (basta pensare la quantità di nuovi libri, spesso in lingua straniera, che ogni anno ordinavi “per approfondire la didattica e ampliare le conoscenze”). E allora permettimi di concludere senza ulteriori parole mie, ma solo con le tue, di esortazione per ognuno che abbia sentito, almeno una volta nel cuore, la vocazione all’insegnamento:   

È bello insegnare a scuola, perché si imparano tante cose nuove! E che bello entrare in una classe e fare domande e vedere tantissime mani alzate e visetti sorridenti e desiderosi di rispondere. E poi di apprendere. Queste sono le cose che fanno bello il nostro mestiere. QUANTO SON FELICE !!! […] E nelle scuole dove i ragazzi hanno poca voglia o poco tempo di studiare (o entrambe le cose) secondo me è proprio lì che il nostro lavoro diventa più utile. Con tutte le difficoltà del caso, se lì riusciamo a fare anche pochissimo per aiutare questi ragazzi, sarà utilissimo. Ma bisogna studiare sempre, per imparare a lavorare con un metodo nuovo, e allora ci saranno allievi un po’ meno terrorizzati dalla matematica e un po’ più pronti ad affrontare il difficile mondo d’oggi. […] Io al lavoro che faccio credo veramente. Ogni anno che passa uno perde un po’ di energie, in queste lotte [in merito alla burocrazia opposta alla didattica]. Le valgono? Cioè quelle lotte valgono la nostra spesa di energie? Le varrebbero, perché in palio è la formazione di una nuova generazione. Ma le forze maligne schierate contro di noi sono sovrastanti. Teniamo duro!”

Con il prof. Carlo Del Noce alla Biblioteca De Amicis
 per la presentazione di “Matematica a Squadre” – 19 aprile 2018

Il tempo (perduto) delle Meridiane

Riprendo in mano, anche attraverso i post di Instagram, la rubrica dedicata ad antichi motti, epigrafi e meridiane. Già, le meridiane: strumenti per misurare il tempo e tenere traccia dell’ora del giorno… Oggi chi più le guarda? Eppure dietro possono avere studi scientifici e astronomici molto profondi, di cui già avevo accennato in precedenti post (Tempus fugit – 22 Luglio 2017).

Quest’estate, nei miei giri per le montagne, ho in particolare fotografato queste tre meridiane. La più interessante è senz’altro la terza che vi propongo, quella del campanile di Brusson, in Val d’Ayas e che ha richiesto un bel lavoro di collaborazione con alcuni amici latinisti.

MERIDIANA N.1: al Valico di San Fermo, al confine tra Liguria e Piemonte, si trova una meridiana del 2008 commissionata da un certo don Fabrizio con il contributo del Parco dell’Antola, realizzata da Raffaella Stracca col supporto tecnico dell’Ing. Nevia Tisce dello Staff dell’Osservatorio del Righi di Genova.

FUGIT INREPARABILE TEMPUS – Fugge irreparabilmente il tempo!

Sulla realizzazione di questa meridiana ho trovato un interessante articolo dal giornalino “Le voci dell’Antola” (purtroppo da un paio d’anni non più pubblicato per mancanza di fondi). Ecco qui in consultazione la pagina con tutta la dettagliata spiegazione:

* * *

MERIDIANA N.2: a Champoluc, in Val d’Ayas (Ao), sul campanile del 1715 (ristrutturato nel 1970 in occasione dell’inaugurazione della nuova chiesa) compare una meridiana con motto in lingua francese.

Champoluc: la vecchia chiesa (ora cinema), il campanile e la nuova chiesa

Ecco nel dettaglio la meridiana del Campanile della chiesa parrocchiale di S. Anna in Champoluc:

Le soleil est ma regle ta regle est dieu

Ossia: Il sole è la mia regola, la tua regola è Dio.

* * *

MERIDIANA N.3: a Brusson, sempre in Val d’Ayas, sulla torre del campanile di San Maurizio (XV secolo) compare questa particolare meridiana:

L’iscrizione in essa riportata ha destato non poco la mia curiosità e quella di amici latinisti che ho interpellato, e ha smosso tutta una serie di ricerche.

Ma andiamo con ordine:

1. Sulla piazza della Chiesa è presente un cartello informativo, che riporta qualche notizia in merito alla costruzione della chiesa e alla sua successiva riedificazione. Si parla inoltre di come sia nato il paese di Brusson, dall’unione di tre piccoli villaggi. Ecco le notizie:

2. Non si parla da nessuna parte della meridiana. Nel libro di storia locale di Ugo Torra (La Valle di Challant-Ayas, Ferraro editore, con i bellissimi acquerelli di Piera Ferraris, edizione 1982) si parla di una meridiana presente sul campanile data 11 Ottobre 1872 avente la scritta

Si sol silet sileo – L’heure s’enfuit

Questa meridiana non è quella attuale e non è più presente, la traduzione di questo motto in latino e francese dovrebbe comunque essere:

Se il sole tace, taccio (anche io) – L’ora vola!

APPELLO: se qualcuno possedesse una foto, cartolina, disegno che documenti questa meridiana andata rimpiazzata e sostituita da quella attuale (completamente diversa) batta un colpo!

Una cartolina del dopoguerra dove si vedono chiesa e campanile. Si nota la presenza di una meridiana, sostanzialmente nella stessa posizione dove si trova l’attuale. Nelle altre immagini: il libro citato di Ugo Torra (1982, la nuova meridiana è del 1985).

3. La scritta dell’attuale meridiana, del 1985:

Vulnera – omnes / ultima necat /
A.D. 1985 fecit – Carpanedo – pro – Lezin – paroco.

Notiamo che c’è una abbondanza di punti separatori, dunque il primo, tra vulnera e omnes NON sembra indicare che “vulnera” sia una contrazione di “vulnerant”. Forma verbale che invece compare nel brano originale di Seneca il Vecchio (da cui potrebbe essere stato preso il motto) nonché su altre meridiane:

4. Che cosa è o chi è Lezin? Qualcuno pensava fosse uno dei villaggi dalla cui unione è nato il paese di Brusson. Errato. Trattasi di don Massimiliano Lezin, classe 1934, citato come parroco pro-tempore della chiesa parrocchiale di Brusson tanto in un documento del 2001 quanto in uno del 1982. A differenza di quanto accade nelle nostre città, in montagna i parroci rimangono a volte per una intera vita nella stessa parrocchia, dunque non deve stupire che costui sia lo stesso sacerdote che fece rifare nel 1985 la meridiana del campanile. Sarebbe interessante sapere come mai anziché fare restaurare quella già presente decise di commissionarne una nuova.

Circa Carpanedo, cercando su internet, si trova citato un tal Giuseppe Carpanedo di Venaria Reale (TO), classe 1934, ritrattista, paesaggista, scultore e maestro d’ornato (QUI altre info biografiche). Non ho la certezza che sia effettivamente lui l’autore della meridiana, ma visto che che tra le sue opere figura uno “scorcio paesaggistico di Brusson” e che si tratta pure di un coetaneo del parroco potrebbe benissimo essere stato un suo amico o conoscente cui affidare l’opera.

5. In definitiva la traduzione più plausibile per la meridiana della torre campanaria di Brusson è la seguente (tra parentesi le parole sottintese):

Tutte (le ore) (portano) ferite / l’ultima uccide. /
Anno del Signore 1985 / Fece Carpanedo / per il parroco Lezin.

In alternativa:
Tutte (le ore) colpiscono (nel bene e nel male) / l’ultima uccide (la morte).

* * *

RINGRAZIAMENTI:

L’appello lanciato su Instagram agli amici latinisti per la meridiana di Brusson è stato raccolto da diversi colleghi. Tra quelli che si sono interessati, cito i tre che hanno fornito contributi significativi:

Tante pietre a ricordare

Prendi uno dei più grandi Maestri musicali della nostra epoca, uno che di premi Oscar per migliori colonne avrebbe dovuto vincerne non due, ma almeno 6 o 7, affidagli la composizione di un pezzo per la Genova ferita e colpita, ma mai del tutto piegata e che ora cerca di rialzarsi, a testa alta… E poi – ultimo lavoro prima di lasciarci solo il ricordo e note immortali – affida il tutto al coro e all’orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova, facendo dirigere la prima assoluta del pezzo al figlio, il maestro Andrea Morricone. Che ne viene fuori?

Per quel che mi riguarda commozione massima, con applausi da non interrompere e un “bis” immediato da chiedere (e, che, per fortuna, è stato subito concesso, con la ripetizione venuta forse ancor meglio della prima, per via di una maggior scioltezza della voci che, prima, erano evidentemente emozionate pure loro…).

Non c’è da aggiungere altro: quella musica, quelle parole, semplici e ripetute in un crescendo sinfonico eccezionale, ti entrano dentro. E lì restano, perché esprimono davvero ciò che hai dentro, da tanto: pietre… luci…voci… riunire la città… #genovanelcuore sempre!

Grazie maestro!

Andrea Macco

Progetto didattico Fi-l-Ma

In tanti mi avete scritto di conoscere i dettagli di questo progetto nominato anche dal MIUR e citato come buona pratica di Didattica a Distanza nel Convegno Nazionale “L’ora di lezione digitale” dello scorso 8 Maggio 2020. In particolare nell’intervento della prof.ssa Roberta Camarda: 

Che cosa è il progetto Fi-l-Ma?

Fi-l-Ma è un progetto multidisciplinare basato su alcuni Film inerenti la Fisica e la Matematica (da cui questo acronimo). Ha coinvolto, oltre le due discipline citate, anche lettere, storia, discipline artistiche, discipline sociali e cinematografia. A tutto questo si è aggiunta la parte di educazione e formazione al digitale…

Quando e da chi è stato sviluppato il progetto?

Il progetto è nato durante la DAD (Didattica a Distanza) da una idea del sottoscritto, prof. Andrea Macco, supportato da alcuni docenti di sostegno del Liceo Pertini di Genova. In particolare la prof.ssa Concetta Caltabellotta e i professori Alessandro Raso e Vincenzo Mulinaro. Il progetto è stato presentato alle due classi IV Liceo del LES. Successivamente, visto il successo didattico e formativo ottenuto, è stato anche riproposto alla classe V Liceo, anche qui con risultati più che buoni.

Come è stato strutturato il progetto? Esiste del materiale?

Per le classi IV Liceo, il progetto è stato presentato dal sottoscritto (insieme ai colleghi sopra citati) durante le lezioni sincrone on-line, mediante il supporto di queste slides e la proiezione, commentata, dei trailer dei film selezionati.

Per la classe V Liceo, invece, ho realizzato due video (I parte e II parte) a-sincroni di 15 minuti l’uno per la presentazione del progetto stesso.

Suddetto materiale è disponibile QUI in questa cartella Drive. Se ne fate uso, mi farebbe piacere se citaste la fonte ma, ovviamente… il tutto è lasciato alla vostra deontologia professionale!

Che tipi di lavori sono stati prodotti? Sono stati valutati?

Gli studenti potevano scegliere di lavorare da soli o in piccoli gruppi. Gli elaborati (ecco la formazione al digitale) dovevano essere di tipo digitale, dal semplice documento di testo, per passare alla presentazione powerpoint, fino alla produzione di video più o meno elaborati.

Sono stati valutati secondo questa griglia di valutazione:

Nel file Progetto Fi-l-Ma: analisi finale del progetto sono mostrati i risultati ottenuti dagli studenti delle due classi IV LES. Per la classe V LES è stato eseguito un video di restituzione con citati i migliori progetti. Lo trovate nella cartella di drive.

E ci sono state sorprese e progetti particolarmente ben fatti?

Fi-l-Ma è stato una autentica sorpresa in tutto e per tutto: la risposta degli studenti è stata, nella maggior parte dei casi, oltre le aspettative. Con punte di eccellenza. Ho raccolto, con il consenso degli autori, gli elaborati migliori in questa cartella. Il più bello – a cura di Ilaria Marasso e Samuele Loscalzo di IVF – è stato messo in evidenza anche nella home-page del Liceo Pertini – e vi consiglio davvero di visionarlo!

Ripeterai questa esperienza? Hai altri progetti simili?

La collega Cetti Caltabellotta dice che io sono un vulcano di idee e… “chi lo ferma il prof. Macco?” In realtà si tratta di avere gli stimoli giusti, i gruppi-classe adatti. Nel mio caso devo davvero ringraziare le due classi che hanno inizialmente aderito al progetto ma soprattutto i colleghi che mi hanno fin dall’inizio supportato e spronato e che mi hanno poi affiancato passo-passo.

Andrea prof. Macco