«Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala.
L’audacia ha del genio, del potere, della magia.»
GOETHE
«Tutto è già cominciato prima,
la prima riga della prima pagina di ogni racconto
si riferisce a qualcosa che è già accaduto fuori dal libro.»
ITALO CALVINO
“Questa è una idea geniale…!” così pensai un pomeriggio d’estate navigando sulla rete quando mi imbattei in un post (incipit) che riportava gli incipit, ossia le frasi introduttive, dei libri preferiti di una famiglia. Bellissimo leggerli uno di fila all’altro, si viene quasi a creare una storia fatta di storie…! Ed è una storia che in qualche modo parla un poco anche di noi, di quel che siamo, di quel che ci ha colpito, che ci ha segnato, e che in parte può anche essere riflesso della società in cui viviamo, o più semplicemente, senza voler andare a toccare i massimi sistemi (la società!), può essere riflesso della comunità familiare in cui viviamo e degli amici che abbiamo, se partecipano anche loro a questo esperimento.
L’invito che faccio a tutti i blogger-lettori che capitanino di qui (gli amici in particolare, ma non solo loro) è quello di aggiungere il vostro (o i vostri) incipit, preso dal vostro libro preferito, o che comunque reputate memorabile, ben scritto, importante per voi, degno d’essere ricordato quasi a memoria, ….
(link di approfondimento: Le dure leggi dell’incipit ovvero: come iniziare un capolavoro)
E allora via, inizio io a creare questa piccola catena di incipit, questa storia di storie…
Erano le sette di una sera molto calda sulle colline del Seeonee quando Babbo Lupo si svegliò dal riposo giornaliero, si grattò, sbadigliò e stirò le zampe una dopo l’altra per liberarsi dal senso di torpore alle estremità. Mamma Lupa se ne stava distesa col grosso muso grigio affondato fra i suoi quattro cuccioli agitati e rumorosi, e la luna brillava attraverso l’entrata della caverna dove vivevano. «Augrh!» disse Babbo Lupo. «È ora di mettersi nuovamente in caccia».
(Rudyard Kipling, Il libro della Giungla)
Le tenebre stavano avanzando.
“Meglio rientrare.” Gared osservò i boschi attorno a loro farsi più oscuri. “I bruti sono morti.”
“Da quando hai paura dei morti?” C’era l’accenno di un sorriso sui lineamenti di ser Waymar Royce.
Gared non raccolse. Era un uomo in età, oltre i cinquanta, e di nobili ne aveva visti andare e venire molti. “Ciò che è morto resta morto” disse “e noi non dovremmo averci niente a che fare”.
(George R. R. Martin, Cronache del ghiaccio e del fuoco – Libro I – Il Trono di Spade)
“In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l’unico immodificabile evento di cui si possa asserire l’incontrovertibile verità. Ma videmus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell’errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutti intesa al male.”
(Umberto Eco, Il Nome della Rosa)
Per Sherlock Holmes lei era la donna. Raramente l’ho sentito riferirsi a questa persona in altro modo; ai suoi occhi ella primeggiava su tutte le altre e le oscurava. Non si può dire che provasse qualcosa di simile a un innamoramento verso questa Irene Adler, dal momento che tutte le emozioni e in particolare l’amore erano aborrite dalla sua mente fredda, precisa e mirabilmente equilibrata.
(Arthur Conan Doyle, Uno scandalo in Boemia)
Ciao! Complimenti per il blog!
Mi piace la tua iniziativa. Perciò ti lascio qualche incipit, sperando che possa essere qualcosa che non conosci e magari possa anche piacerti!
L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.
Il deserto era l’apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per quella che sembrava un’eternità in tutte le direzioni. Era bianco e accecante e arido, amorfo salvo che per l’abbozzo labile e nebuloso delle montagne all’orizzonte, e per l’erba diavola che portava dolci sogni, incubi, morte. A indicare la via appariva di tanto in tanto una lapide, perché un tempo la pista semicancellata scavata nella spessa crosta alcalina era stata una strada importante, percorsa da carri e corriere. Da allora il mondo era andato avanti. Il mondo si era svuotato.
(Stephen King, L’ultimo cavaliere)
Il terrore che sarebbe durato ventotto anni, ma forse di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato di sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia.
(Stephen King, It)
Penso che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana di mettere in relazione i suoi molti contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza in mezzo a neri mari d’infinito e non era previsto che ce ne spingessimo troppo lontano. Le scienze, che finora hanno proseguito ognuna per la sua strada, non ci hanno arrecato troppo danno: ma la ricomposizione del quadro d’insieme ci aprirà, un giorno, visioni così terrificanti della realtà e del posto che occupiamo in essa, che o impazziremo per la rivelazione o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di una nuova età oscura.
(Howard Phillips Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu)
Questa è l’esposizione che fa delle sue ricerche Erodoto di Alicarnasso, affinché gli eventi umani con il tempo non si dissolvano nella dimenticanza, e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci che dai barbari, non rimangano senza gloria; tra l’altro, egli cerca la ragione per la quale essi vennero in guerra tra loro.
(Erodoto, Storie)
Spero non siano troppo lunghi!
Benvenuto sul blog Daniele! Bellissime segnalazioni, vedo molto Stephen King, ma anche incipit che denotano una formazione umanitaria a 360°!
Vediamo chi ti seguirà in questa catena di citazioni… suvvia è un gioco, fatevi avanti!
Quando il signor Bilbo Baggins di Casa Baggins annunziò che avrebbe presto festeggiato il suo centoundicesimo compleanno con una festa sontuosissima, tutta Hobbiville si mise in agitazione.
Bilbo era estremamente ricco e bizzarro e, da quando sessant’anni prima era sparito di colpo, per ritornare poi inaspettatamente, rappresentava la meraviglia della Contea.
(Tolkien, Il Signore degli Anelli)
Nel principio Eru, l’Uno, che nella lingua elfica è detto Ilúvatar, creò gli Ainur dalla propria mente; e gli Ainur intonarono una Grande Musica al suo cospetto. In tale Musica, il mondo ebbe inizio, poiché Ilúvatar rese visibile il canto degli Ainur, e costoro lo videro quale una luce nell’oscurità. E molti di loro si innamorarono della sua bellezza e della sua vicenda che videro cominciare e svolgersi come in una visione. Per tale ragione Ilúvatar conferi Essere alla loro visione, e la collocò in mezzo al Vuoto, e il Fuoco Segreto fu inviato ad ardere nel cuore del Mondo; e questo fu chiamato Eä.
(Tolkien, Il Silmarillion)
Alice cominciava a sentirsi mortalmente stanca di sedere sul poggio, accanto a sua sorella, senza far nulla: una o due volte aveva gittato lo sguardo sul libro che leggeva sua sorella, ma non c’erano imagini né dialoghi, “e a che serve un libro,” pensò Alice, “senza imagini e dialoghi?”
(Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie)
Bella idea davvero!!!
Pax!
Frae
Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il “senso della frase”. Il senso della frase è privilegio poiché se lo possiedi, permette a una bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata. Nel caso poi, una volta tanto, tu ti decida a dire la verità, quella vera, quella che puzza perché non si lava con gli eufemismi, quella brutta perché non si ritocca né si abbellisce con la chirurgia estetica del ricordo, nel caso tu dica la verità, la verità pelosa, la verità arrapata, se possiedi il senso della frase la verità avrà l’aspetto un po’ puttanesco eppure di classe di una bella menzogna. Il senso della frase è il sesso della frase, il suono della frase, il significato della frase. Il senso della frase battezza la frase, la estremizza e anche se la degrada col turpiloquio, la promuove comunque rendendola, alla fin fine, definitiva. Il senso della frase è il punto d’arrivo del concetto espresso quando la frase è ancora nell’utero. E’ il punto di non ritorno. Un “punto e basta”. Un punto esclamativo ma, soprattutto, 666 punti esclamativi. Diabolico senso della frase, io ti possiedo e ti amo. Fiato alle trombe di Eustachio, rimbomino le tube di Fallopio. Così e così è stato. Non so se si nasca con il senso della frase. Di sicuro ci si muore.
(Andrea G. Pinketts da “Il senso della frase” ).
Frae, ben ritrovato! E’ bello risentirti dopo tanto tempo!
Escursioni nell’anima benvenuta in questo pianerottolo, e grazie per la menzione che mi hai fatto sul tuo blog!
Gli incipit menzionati sono molto belli, si sta davvero creando una bella storia di storie… avanti così!
AM
Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in pattino. Le prime volte, la madre aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mostrato per così chiari segni che la presenza dell’uomo l’annoiava, che da allora i remi furono affidati a lui. Egli remava con un piacere profondo su quel mare calmo e diafano del primo mattino e la madre, seduta di fronte a lui, gli discorreva pianamente, lieta e serena come il mare e il cielo, proprio come se lui fosse stato un uomo e non un ragazzo di tredici anni. (A. MORAVIA, “Agostino” 1944)