SCOUT E CAI – Analogie e differenze

Sulla rivista “Lo Scarpone” del CAI (Club Alpino Italiano) ho trovato un articolo meritevole di menzione sulla montagna vissuta dagli alpinisti professionisti (come appunto quelli del CAI) e dagli Scout tante volte poco attrezzati e stile armata Brancaleone ma che nella Montagna vedono un valido mezzo per raggiungere vette (educative) importanti.

Andrea Macco

Lombardia, Val Codera, rifugio Brasca, 7 luglio 2008.

 Sono circa le dieci di mattina, e siamo gli unici ospiti a non essersi ancora incamminati. Piove a dirotto, il Passo del Barbacan assume nelle nostre menti un aspetto minaccioso almeno quanto il nome, e pertanto indugiamo, esibendo una sfacciata indolenza. Il gestore del rifugio, Luigi, sorride: “sembrate scout, ultimi ad arrivare ed ultimi a partire”. In effetti la sera prima siamo arrivati con l’imbrunire. E di scout non dubito se ne intenda: la Val Codera è un luogo storico dello scoutismo italiano, ancora oggi molto frequentato. Pur avendo sulle spalle complessivamente poco meno di un secolo di scoutismo, io ed i miei compagni di cammino facciamo finta di niente. Ma Luigi incalza: “e poi non portano neanche guadagno, gli scout, vogliono cucinare il proprio e dormire due per letto per risparmiare”. Sa decisamente ciò di cui parla. Resistiamo, tentando una divagazione sul meteo.

Staremmo per riuscirci quando uno tra noi apre lo zaino e ne tira fuori un paio di ghette più idonee per una gara di step con la musica dei Villnge People che per il Sentiero Roma. Un ghigno:per non parlare dell’equipaggiamento con cui salgono quassù”. Patatrack! Dall’articolo I dello Statuto del CAI: “… ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne.. e la difesa del loro ambiente naturale”. La mission dello scoutismo: “contribuire all’educazione dei giovani… ed a costruire un mondo migliore attraverso cittadini attivi e partecipi… Tali obiettivi sono perseguiti tramite il metodo scout”.

È vero, gli scout in montagna spesso risultano poco comprensibili, ma è perché si adotta il punto di vista di chi vive e frequenta la montagna quasi quotidianamente, per “iscopo” istituzionale. I ragazzi e le ragazze che, con i loro capi educatori, cercano di “dormire in due per letto” sono invece soltanto di passaggio in montagna. L’estate prima magari la loro “route” è stata il giro dell’isola d’Elba in canoa. E l’anno dopo svolgeranno un campo di servizio in Bosnia. La montagna non è l’obiettivo, ma lo strumento con il quale tentare di contribuire all’educazione dei giovani. Uno strumento capace, per esempio, di far loro vivere l’avventura, il confronto con i propri limiti e con situazioni impreviste, momenti e sensazioni capaci di portare le relazioni interpersonali dalla superficie ad un livello più profondo. L”’hike” è uno strumento del metodo scout tra numerosi altri: il servizio, il gioco, l’abilità manuale, le attività culturali, l’inchiesta, la progressione personale, il gruppo, eccetera. Vent’anni fa ero un adolescente che assieme a tanti coetanei viveva uno scoutismo forte ed indelebile: oggi, di quella compagnia, sono l’unico che ancora cammina in montagna. Ma per tutti, per tutti, quelli furono anni formativi, un’impronta liberamente cercata, rivelatasi feconda e duratura.

Volendo identificare una comoda etichetta potremmo pertanto dire che gli scout vanno in montagna in maniera non professionale. L’equipaggiamento è, come dire, “fuori moda”: camicioni scout al posto di magliette tecniche in polartec, zaini pesanti, eccetera. L’attenzione ai costi è importante, essendo lo scoutismo un movimento aperto a tutti senza distinzioni di origine, razza, credo, orientamento sessuale (anche se qui siamo agli inizi della strada) e condizione economica. Lo sottolineo per evidenziare come delle volte si cerca di “dormire due per letto” perché si cerca di non lasciare a casa nessuno. Non professionalità che non deve però mai e poi mai significare improvvisazione, assenza di programmazione, similitudini con “La corrida” del grande Corrado: dilettanti allo sbaraglio. Sempre, sempre, il gruppo deve essere preparato per l’attività scelta. Ci si può arrangiare con il maglione di lana al posto del pile, ma non si può partire per il Pollino o la Grande Randonnée Corsica con le sole infradito come scarpe (esempio, ahimè, non di fantasia).

Un forte punto in comune tra il CAI e lo scoutismo è la convinzione che solo creando un legame emotivo con la natura si possa proteggerla; come ebbe a dire Stephen Jay Gould, biologo e paleontologo statunitense: “Nessun uomo salverà mai ciò che non ama”. Da questo punto di vista frequentiamo le montagne per la medesima ragione: per farle amare ai nostri iscritti. Ben venga quindi qualsiasi accordo che preveda, più che attività congiunte di formazione, iniziative che favoriscano praticamente la frequentazione delle montagne italiane, per esempio con uno sconto nei rifugi.

Un altro tratto comune è l’appartenenza al mondo del volontariato, con tutti i pro ed i contro della cosa. Tante sarebbero ancora le cose da dire, ma ha smesso di piovere, e con l’acqua è venuto meno anche il nostro alibi. Dobbiamo incamminarci. La conversazione è stata viva e cordiale, salutiamo il gestore con affetto. Tra le nuvole, il Passo del Barbacan ci attende, affatto amichevolmente. Zaino in spalla, oplà!

 

Saverio Bombelli

(scout dal 1981 al 2006, socio CAI, escursionista)

Repubblica fondata sul lavoro NON retribuito…

Già che siete in tema di revisione della Costituzione per via di riforme varie dello Stato (federalismo, giustizia, ecc. riforme per altro alquanto necessarie e speriamo efficaci), che ne dite di cambiare il primo articolo della Costituzione, onorevoli Senatori e Deputati?

Propongo una semplicissima modifica: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro NON retribuito.

Oggi ritiro la busta paga di Novembre e scopro che lo stipendio ha subito una ulteriore decurtazione, la seconda da quando il contratto a progetto è iniziato lo scorso primo marzo.

Circa 140 e rotti euro in meno (che si sommano ai precedenti aumenti. Compreso quello dei pasti alla mensa aziendale. Differenza tra i primi stipendi percepiti e l’attuale: –250 euro!)

Si legge nelle voci dello stipendio: “La decurtazione, a sensi D.L. 112 del 25/6/08, ha carattere provvisorio in attesa di chiarimenti e precisazioni da parte del Ministero dell’Economia”.

Visto che il contratto (a progetto) scade a Febbraio… mi domando quando questa decisione provvisoria verrà chiarita. E in che senso? Con una scontata ratifica?

Se un tempo i Contratti a Progetto et similia erano stato agevolati (da chi poi? Sempre dal Governo di centra destra… Ora però han cambiato idea, a quanto pare) adesso non si vede manco l’ombra di una agevolazione, considerando che oltretutto non è neppure presenta la tredicesima. E non solo. Lavorando per un Ente Ospedaliero alcuni giorni devo essere presente con orari fissi. Altri giorni permettono un margine di gestione da parte del sottoscritto (come per altro dovrebbe essere per i contratti a progetti) ma guardando gli orari di timbratura del cartellino (quando uno va in pausa pranzo “stimbra”) alla fine risultano in media 9.30 ore di lavoro al giorno , su 5 giorni lavorativi. A volte lavoro anche il sabato. Calcoliamo un sabato su 4 per 4 ore.

Facciamo due conti, che in fondo fare conti è il mestiere di un Fisico: su 4 settimane di un mese, le ore svolte sono circa 9.30 * 5 * 4 = 186 + 4 = 190.  Contate pure 180 ore che non son quelle 10 di un giorno di assenza per un qualunque buon motivo che  fan la differenza. Ora facciamo stipendio netto in busta diviso numero di ore e otteniamo il costo di un ora di lavoro. Il risultato è di  circa euro 5 all’ora (5.20 per la precisione).

Bene, ditemi chi oggi lavora a 5 euro all’ora. Ma nemmeno il ragazzetto che va a volantinare e ad imbucare le lettere per strada. Infatti amici che lo fanno prendono netti 8 euro all’ora. Stesso salario che aveva il barelliere che veniva a spingere la lettiga in ospedale e che non ha uno straccio di laurea, con tutto il rispetto per chi fa questo onesto (e retribuito) lavoro . Però, se permettete, il lavoro di un Fisico che dà anche dei referti ospedalieri ai medici e che offre un servigio di professionalità qualificato, è, forse ma forse, un tantino di più. Ma è evidente mi sbaglio. Così non è: 5 euro all’ora a fronte degli 8. Non parliamo poi dell’idraulico che solo per cambiare la guarnizione alla vicina di casa gli ha peso 80 euro per la chiamata. Mettiamo pure che tra spostamento e tutto abbia impiegato 2 ore. (Nel mio conto, ovviamente, gli spostamenti non li ho considerati, perché dovrei contarli? Il costo di abbonamento bus e benzina? Certo che no. Iva che mi viene rimborsata? Ma quando mai…). La media è sempre alta, 40 euro all’ora. Un medico che offre una qualsiasi visita privata specializzata? Siamo sui 100 – 120 euro minimo per 15-20 minuti di visita. Fate voi i conti del costo del guadagno all’ora. E d’accordo che ci son di mezzo delle vite umane, ma non mi direte che un Fisico che lavora in ospedale non è poi così lontano dalla professionalità che ha il medico (di certo, se permettete, ha almeno la stessa professionalità del barelliere da 8 euro netti all’ora).

E dunque forza, avanti, ministro Brunetta, mandi pure i suoi controlli… Scoprirà davvero che ci sono i fannulloni e c’è chi fa del gran volontariato per la Repubblica. Fondata sul lavoro NON retribuito.

Andrea Macco