La gravità di un reato

Dignitas delinquentis peccatum auget.

ossia: L’elevata posizione del reo aumenta la gravità del reato.

Sono passato dai Fori romani nei giorni scorsi e sotto un caldo torrido, mentre sostavo in cerca di refrigerio accanto ad una fontanella, ho sentito una guida che citava questo motto alla sua comitiva. La guida era straniera e dunque l’ha poi tradotto nella sua lingua ma ho dedotto che si trattasse di un motto interessante. Probabilmente è stato citato a proposito della giustizia (che si praticava appunto nel Foro romano, nella “Curia” e negli altri edifici del potere) e di qualche episodio che non saprei dirvi.

Fatto sta che appare davvero bizzarro come ai nostri tempi, nella stessa Roma che coniò questo pensiero che reputo di una disarmante verità, esso sia stato stravolto. Oramai se a commettere un qualunque reato è una persona di elevata posizione lo si giustifica (in virtù della ragion di stato di macchiavelliana memoria?) mentre per il povero che ruba per fame o per disperazione si invoca sempre di piu’ la severita’ massima della pena (facendo poco invece per cercare di porre una soluzione alla sua condizione ossia alla causa del problema).

E questo lo dico senza alludere a nessuno in particolare, ma leggendo i fatti come specchio dei tempi che appaiono alquanto diversi – almeno in questo – da 2000 anni fa. Poi che già allora ci fosse la corruzione sia di politici sia di giudici e’ un altra storia, ma almeno i principi primi della Legge apparivano scolpiti molto piu’ a fondo di oggi…

Andrea Macco

Coerenza

Piccolo spunto tratto da una rivista che mi è capitata sotto mano in treno. Credo che sull’argomento OGGI più che mai ci sarebbe molto da dire, anche se è pur vero che è una tematica che attraversa tutta la storia e tocca la storia di ogni uomo.

Buona lettura!

“Alessandro Magno incontrò alcuni macedoni che trasportavano in otri, a dorso di mulo, acqua che avevano attinto a un fiume. Vedendo Alessandro provato dalla sete di mezzogiorno riempirono velocemente  un elmo e glielo porsero … Egli prese l’elmo nelle sue mani ma, guardando attorno a lui, vide che la sua cavalleria dirigeva lo sguardo bramoso sulla bevanda . Allora la rese senza aver bevuto e, ringraziando disse a chi l’aveva offerta: “Se bevo solo io, questi uomini perderanno coraggio”.

(PLUTARCO, Vita di Alessandro)

Viva l’Italia…l’Italia che siamo noi!

 

Sono un paio di giorni che ho in mente questo post, dal fatidico giovedì 17 marzo 2011, centocinquantesimo dell’Unità d’Italia.

Un post dedicato a chi ci ha preceduto, a volte con le armi in mano, a volte con le idee, a volte con alti ideali, a volte con biechi interessi economici… ma se siamo arrivati fino a qui è anche grazie a chi ci ha preceduto e che, nel bene e nel male, ha lottato per ciò in cui credeva. Compreso il sogno di un’Italia unita.

Io ci metto anche i miei nonni, quello che combatté in Somalia e quello che fece la campagna di Russia. E dei cui racconti udii solo una piccola parte, da piccolo, tramandata a voce.

Spesso il rischio è proprio questo: che chi è stato protagonista cessi di raccontare, di tramandare e che frammenti importanti vadano persi… non vi pare che talvolta (troppo spesso) accada?

E quando ciò accade si perde di identità, perché se non si comprende da dove si arriva, difficilmente allora si ha chiara anche la meta, il dove si vuole arrivare. Oppure essa cambia, e si diventa “altro”, non più ciò da cui si era nati. Ciò a volte è un bene, altre volte invece una vana frustrazione.

E tu, Italia dai mille volti e dai tanti cuori, verso dove stai andando?

Chiudo con un video-musicale di una canzone di De Gregori molto nota. Ma è sempre bella riascoltarla per farci ricordare che la storia ora la facciamo noi, anche noi, cercando le radici e guardando alle mete da raggiungere.

 

Buon cammino nella storia, concittadini italiani!

Andrea Macco

Medaglia d’oro alla Provincia di Genova

Dal Portale ConoscereGenova.it Si è svolto Venerdì 24 Aprile alle ore 11 a Palazzo del Quirinale il conferimento della Medaglia D’oro per la resistenza al Gonfalone della Provincia di Genova. Un riconoscimento per l’impegno che la popolazione dei paesi vicino a Genova hanno affrontato a rischio della propria vita per sostenere i partigiani, nascondere gli ebrei e contribuire così alla liberazione dal nazi-fascismo. Insieme alla Provincia di Genova ha ricevuto la medaglia la Provincia di Forlì – Cesena.

 

 La notizia è passata abbastanza sotto tono, anche la stampa e i media locali non ne hanno dato particolare enfasi. Sarà forse perchè in Italia sta prendendo campo un atteggiamento più obiettivo verso la Resistenza? Taluni lo chiamano “revisionismo storico” altri ci vedono quello che è il normale processo che la storia compie: man mano che muoiono i testimoni oculari si dispongono di più documenti e si guarda ai fatti con altro occhio. Che spesso non è più quello di chi ha scritto i libri di storia perché in quel momento sul carro dei vincitori o perché nella condizione per farlo. 

La resistenza: un evento storico che non dovrebbe avere un colore politico specifico ma che invece per anni è stato la bandiera solo di una parte politica. Sbagliavano gli uni ad appropriarsene, sbagliavano gli altri a tagliarsi fuori da questa memoria storica.
La resistenza è dell’Italia e degli Italiani.

Questo quel che sento nel cuore e che condivido con i compagni di pianerottolo di questo blog. Ma siete liberi come sempre di pensarla diversamente e, se volete, di esprimere la vostra.

Andrea Macco

“Un mondo, un sogno”

Un mondo, un sogno è il motto di queste XXIX Olimpiadi.

Vorrei davvero che queste parole si concretizzassero in gesti politici e sociali concreti e si incarnassero in atti di sportività e lealtà propri dello spirito decoubertiniano.

 

Rileggevo in questi giorni la storia delle olimpiadi dell’Antichità e ho rinvangato fatti interessanti. Mi limito a questi due:

1) I Giochi raggiunsero in Grecia una tale importanza che durante il loro svolgimento non si potevano dichiarare guerre, e quelle che erano in corso dovevano essere sospese.

2) Le Olimpiadi sopravvissero fino al 393 d.C.. La corruzione era entrata prepotentemente nei Giochi, il tramonto definitivo della cultura classica fece il resto: il vescovo di Milano Ambrogio chiese all’imperatore Teodosio l’abolizione delle Olimpiadi, cosa che avvenne.

Che ne pensate? Spazio nei commenti ai lettori che non son ancora fuggiti in vacanza o che non son esclusivamente dediti a fare i nottambuli per seguire le dirette pechinesi…