Dignitas delinquentis peccatum auget.
ossia: L’elevata posizione del reo aumenta la gravità del reato.
Sono passato dai Fori romani nei giorni scorsi e sotto un caldo torrido, mentre sostavo in cerca di refrigerio accanto ad una fontanella, ho sentito una guida che citava questo motto alla sua comitiva. La guida era straniera e dunque l’ha poi tradotto nella sua lingua ma ho dedotto che si trattasse di un motto interessante. Probabilmente è stato citato a proposito della giustizia (che si praticava appunto nel Foro romano, nella “Curia” e negli altri edifici del potere) e di qualche episodio che non saprei dirvi.
Fatto sta che appare davvero bizzarro come ai nostri tempi, nella stessa Roma che coniò questo pensiero che reputo di una disarmante verità, esso sia stato stravolto. Oramai se a commettere un qualunque reato è una persona di elevata posizione lo si giustifica (in virtù della ragion di stato di macchiavelliana memoria?) mentre per il povero che ruba per fame o per disperazione si invoca sempre di piu’ la severita’ massima della pena (facendo poco invece per cercare di porre una soluzione alla sua condizione ossia alla causa del problema).
E questo lo dico senza alludere a nessuno in particolare, ma leggendo i fatti come specchio dei tempi che appaiono alquanto diversi – almeno in questo – da 2000 anni fa. Poi che già allora ci fosse la corruzione sia di politici sia di giudici e’ un altra storia, ma almeno i principi primi della Legge apparivano scolpiti molto piu’ a fondo di oggi…
Andrea Macco