Credere e rimboccarsi le maniche

«È incredibile quello che possiamo fare se non ci siamo posti dei limiti arbitrari e se raccogliamo in una fascina tutte le nostre migliori energie e le manteniamo tese.  L’arco troppo teso si spezza, è vero, ma l’arco mai teso si affloscia e diventa inutilizzabile».

P. Agostino Ruggi d’Aragona

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PS: segnalo per gli amici scout che mi seguono su queste pagine che si è rinnovato il sito-blog del nostro gruppo scout: potete visitarlo qui o visitare la pagina facebook qui.

GENOVA LA SUPERBA: BANDIERA A MEZZ’ASTA

Genova vive giornate drammatiche. Ma è proprio nel dramma più profondo che spesso si sperimenta la solidarietà più autentica.

Con queste poche righe e con queste foto che parlano assai di più vorrei ringraziare tutti gli amici e i compagni di pianerottolo che in questi giorni si sono fatti sentire per avere notizie mie e di Genova a seguito dei fatti noti a tutti.

Segnalo in particolare questa pagina del Gruppo Scout di cui faccio parte in cui questa solidarietà si è manifestata nei molti commenti arrivati. Lì trovate anche lo stato d’animo mio e di chi ha vissuto una situazione simile alla mia: non colpito cioè direttamente dall’alluvione ma emotivamente partecipe di questa disgrazia naturale (causata, non come ha scritto Dario Fo dalle “poche preghiere al nostro Dio” ma piuttosto dall’insipienza del passato e dalla incapacità di prevedere del presente).

FORZA GENOVA, con il tuo cuore e i tuoi “angeli del fango“, rialzati!

Andrea Macco

L'area della Stazione Brignole - cuore della città - completamente allagata

Gemellaggio Genova – Cascia nel segno delle sante dei miracoli impossibili

Quest’oggi è il giorno del gemellaggio tra le città di Cascia e Genova. Sia la testata on-line Conoscere Genova, sia il Giornale riportano un mio articolo in merito.

Il Giornale ha voluto porre più l’accento sulla polemica tra padre Modesto e il Comune, Conoscere Genova da invece maggiormente risalto agli appuntamenti della giornata.

Potete leggere QUI l’articolo su Conoscere Genova. Mentre di seguito ecco l’articolo comparso su il Giornale.

«Tursi dà soldi solo a don Gallo»

Quest’oggi è il giorno del gemellaggio tra le città di Genova e di Cascia. Un gemellaggio nel segno degli agostiniani scalzi che si sono fatti promotori dell’iniziativa e che la ospiteranno nel loro santuario genovese, quello della Madonnetta. Ma è anche un gemellaggio segnato da qualche polemica verso il Comune di Genova. Padre Modesto Paris lo ha ripetuto più volte dal pulpito durante le celebrazioni di questi giorni: “E’ una grande iniziativa, ci siamo mossi per tempo. Avevamo chiesto anche un appoggio al Comune che riceverà pure la delegazione di Cascia. Invece i soldi li danno a don Gallo, e a noi manco un euro».

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SCOUT E CAI – Analogie e differenze

Sulla rivista “Lo Scarpone” del CAI (Club Alpino Italiano) ho trovato un articolo meritevole di menzione sulla montagna vissuta dagli alpinisti professionisti (come appunto quelli del CAI) e dagli Scout tante volte poco attrezzati e stile armata Brancaleone ma che nella Montagna vedono un valido mezzo per raggiungere vette (educative) importanti.

Andrea Macco

Lombardia, Val Codera, rifugio Brasca, 7 luglio 2008.

 Sono circa le dieci di mattina, e siamo gli unici ospiti a non essersi ancora incamminati. Piove a dirotto, il Passo del Barbacan assume nelle nostre menti un aspetto minaccioso almeno quanto il nome, e pertanto indugiamo, esibendo una sfacciata indolenza. Il gestore del rifugio, Luigi, sorride: “sembrate scout, ultimi ad arrivare ed ultimi a partire”. In effetti la sera prima siamo arrivati con l’imbrunire. E di scout non dubito se ne intenda: la Val Codera è un luogo storico dello scoutismo italiano, ancora oggi molto frequentato. Pur avendo sulle spalle complessivamente poco meno di un secolo di scoutismo, io ed i miei compagni di cammino facciamo finta di niente. Ma Luigi incalza: “e poi non portano neanche guadagno, gli scout, vogliono cucinare il proprio e dormire due per letto per risparmiare”. Sa decisamente ciò di cui parla. Resistiamo, tentando una divagazione sul meteo.

Staremmo per riuscirci quando uno tra noi apre lo zaino e ne tira fuori un paio di ghette più idonee per una gara di step con la musica dei Villnge People che per il Sentiero Roma. Un ghigno:per non parlare dell’equipaggiamento con cui salgono quassù”. Patatrack! Dall’articolo I dello Statuto del CAI: “… ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne.. e la difesa del loro ambiente naturale”. La mission dello scoutismo: “contribuire all’educazione dei giovani… ed a costruire un mondo migliore attraverso cittadini attivi e partecipi… Tali obiettivi sono perseguiti tramite il metodo scout”.

È vero, gli scout in montagna spesso risultano poco comprensibili, ma è perché si adotta il punto di vista di chi vive e frequenta la montagna quasi quotidianamente, per “iscopo” istituzionale. I ragazzi e le ragazze che, con i loro capi educatori, cercano di “dormire in due per letto” sono invece soltanto di passaggio in montagna. L’estate prima magari la loro “route” è stata il giro dell’isola d’Elba in canoa. E l’anno dopo svolgeranno un campo di servizio in Bosnia. La montagna non è l’obiettivo, ma lo strumento con il quale tentare di contribuire all’educazione dei giovani. Uno strumento capace, per esempio, di far loro vivere l’avventura, il confronto con i propri limiti e con situazioni impreviste, momenti e sensazioni capaci di portare le relazioni interpersonali dalla superficie ad un livello più profondo. L”’hike” è uno strumento del metodo scout tra numerosi altri: il servizio, il gioco, l’abilità manuale, le attività culturali, l’inchiesta, la progressione personale, il gruppo, eccetera. Vent’anni fa ero un adolescente che assieme a tanti coetanei viveva uno scoutismo forte ed indelebile: oggi, di quella compagnia, sono l’unico che ancora cammina in montagna. Ma per tutti, per tutti, quelli furono anni formativi, un’impronta liberamente cercata, rivelatasi feconda e duratura.

Volendo identificare una comoda etichetta potremmo pertanto dire che gli scout vanno in montagna in maniera non professionale. L’equipaggiamento è, come dire, “fuori moda”: camicioni scout al posto di magliette tecniche in polartec, zaini pesanti, eccetera. L’attenzione ai costi è importante, essendo lo scoutismo un movimento aperto a tutti senza distinzioni di origine, razza, credo, orientamento sessuale (anche se qui siamo agli inizi della strada) e condizione economica. Lo sottolineo per evidenziare come delle volte si cerca di “dormire due per letto” perché si cerca di non lasciare a casa nessuno. Non professionalità che non deve però mai e poi mai significare improvvisazione, assenza di programmazione, similitudini con “La corrida” del grande Corrado: dilettanti allo sbaraglio. Sempre, sempre, il gruppo deve essere preparato per l’attività scelta. Ci si può arrangiare con il maglione di lana al posto del pile, ma non si può partire per il Pollino o la Grande Randonnée Corsica con le sole infradito come scarpe (esempio, ahimè, non di fantasia).

Un forte punto in comune tra il CAI e lo scoutismo è la convinzione che solo creando un legame emotivo con la natura si possa proteggerla; come ebbe a dire Stephen Jay Gould, biologo e paleontologo statunitense: “Nessun uomo salverà mai ciò che non ama”. Da questo punto di vista frequentiamo le montagne per la medesima ragione: per farle amare ai nostri iscritti. Ben venga quindi qualsiasi accordo che preveda, più che attività congiunte di formazione, iniziative che favoriscano praticamente la frequentazione delle montagne italiane, per esempio con uno sconto nei rifugi.

Un altro tratto comune è l’appartenenza al mondo del volontariato, con tutti i pro ed i contro della cosa. Tante sarebbero ancora le cose da dire, ma ha smesso di piovere, e con l’acqua è venuto meno anche il nostro alibi. Dobbiamo incamminarci. La conversazione è stata viva e cordiale, salutiamo il gestore con affetto. Tra le nuvole, il Passo del Barbacan ci attende, affatto amichevolmente. Zaino in spalla, oplà!

 

Saverio Bombelli

(scout dal 1981 al 2006, socio CAI, escursionista)

L’impronta di Michel Menu

“Servire è il miglior modo di essere felice
e di rendere felici gli altri”
Michel Menu

Michel Menu è stato un capo scout che ha profondamente segnato lo scoutismo francese nel dopoguerra (fu Commissario Nazionale Branca Esploratori) rinnovandolo e inventando i cosiddetti “Raider Scout”, uno step in più per i ragazzi più grandi dei riparti che portò ad un notevole miglioramento della tecnica scout. Non è un caso che ancora oggi lo scoutismo francese vanti campi di tecnica e vita all’aperto che quasi nessun altro riesce ad uguagliare. Per saperne di più su Michel Menu e i Rader Scout clicca qui.

Tra i diari pubblicati di Michel Menu spicca “Arte e Tecnica del Capo”, che potete scaricare dal download box di questo blog (colonna di destra, appena sotto i link scout).

“SERVIRE” non è “AIUTARE”

Dedico questa riflessione tratta dal Blog fratemobile.net dell’amico p.Beppe Giunti, a tutte quelle persone che lavorano in ospedale e centri vari di cura, che stanno a contatto giornalmente con anziani e malati. Insomma a tutti quelli che vivono un lavoro volto al servizio dell’altro.

Un pensiero anche a tutti quelli che, venendo dal mondo scout, portano impresse sopra il loro cuore le lettere di bronzo R-S. Questa riflessione ci possa ricordare il senso del nostro “Rendere Servizio” per il mondo e nel mondo.

Andrea

 

La pagina e’ di Frank Ostaseski, dal libro Saper accompagnare (Mondadori 2006, € 9.80, pag 37 segg).

“Troppo spesso quando si assiste una persona con un male incurabile non siamo pronti a capire cosa serve ma cerchiamo conferme alla nostra identità. Questo atteggiamento lo chiamo “la sindrome del soccorritore”, una patologia più diffusa dell’AIDS o del cancro. Mi riferisco alle varie strategie con cui cerchiamo di prendere le distanze dalla sofferenza dell’altro. Possiamo farlo con la pietà, con la paura, con il calore professionale, perfino con i nostri gesti caritatevoli. L’identificazione con il ruolo del soccorritore ha in molti casi radici antiche nella nostra storia personale. Se non facciamo attenzione, se non restiamo vigili, può diventare una prigione sia per noi sia per quelli che serviamo. A rigor di termini, un soccorritore prevede una persona inerme. Rachel Remen, autrice di Kitchen Table Wisdom (Ed. Penguin Putnam, New York 1996) dedica al tema alcune riflessioni che io considero tra le più belle definizioni del significato di servizio. Parafrasando le sue parole, servire non è la stessa cosa che aiutare. Aiutare implica una disuguaglianza, non prevede un rapporto alla pari. Quando si aiuta, si usa la propria forza a beneficio di qualcuno che ne ha meno. E’ un rapporto dove una delle parti è in una posizione svantaggiata, e dove la disuguaglianza è palpabile. Ponendoci nell’ottica dell’aiuto possiamo inavvertitamente sottrarre all’altro più di quanto gli diamo, indebolirne il senso di dignità e l’autostima. Quando aiuto, sono chiaramente cosciente della mia forza. Ma per servire dobbiamo mettere in gioco qualcosa di più della nostra forza. Dobbiamo mettere in gioco la totalità di noi stessi, attingere all’intera gamma delle nostre esperienze. Servono anche le nostre ferite, i nostri limiti, perfino i nostri lati oscuri. La nostra interezza serve l’interezza dell’altro e l’interezza della vita. Aiutare crea un debito. L’altro sente di doverci qualcosa. Il servizio, al contrario, è reciproco. Quando aiuto provo soddisfazione; quando servo provo gratitudine. Servire è inoltre diverso dal provvedere. Quando cerco di provvedere a qualcuno, vedo nell’altro qualcosa che non va. E’ un giudizio implicito, che mi separa dall’altro e crea una distanza. Direi quindi che, fondamentalmente, aiutare, provvedere e servire sono modi di vedere la vita. Quando aiutiamo, la vita ci appare debole. Quando cerchiamo di provvedere, ci sembra che abbia qualcosa che non va. Ma quando serviamo, la vita ci appare completa, e siamo consapevoli di fare da canale a qualcosa di più grande di noi.”

Dal Vangelo secondo Matteo cap. 20:[25] Gesù disse: <<I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. [26]Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, [27]e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; [28]appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti>>.

Dal Vangelo secondo Marco cap. 10 [42]Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: <<Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. [43]Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, [44]e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. [45]Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti>>.