Una massima per i momenti duri

“Se nella tua vita vuoi tracciare solchi diritti,
attacca il tuo aratro ad una stella”

(proverbio arabo)

Gli ideali alti – sembra dire il proverbio – sono distanti come le stelle dalla Terra, ma senza di essi, che ci danno una direzione, continueremo a tracciare solchi storti, incurvati dalle tante pietre che incontriamo e dalla nostra naturale inclinazione a camminare per vie oblique…

E’ nei momenti in cui la terra da arare si fa più dura, dura come nel periodo della grande siccità, che devo alzare lo sguardo e ringrazio per quella o quell’altra stella che mi guidano. Non perdermi d’animo e ricordarmi di attaccare meglio il mio aratro se voglio davvero che domani qualcosa possa germogliare.

Andrea

Viva l’Italia…l’Italia che siamo noi!

 

Sono un paio di giorni che ho in mente questo post, dal fatidico giovedì 17 marzo 2011, centocinquantesimo dell’Unità d’Italia.

Un post dedicato a chi ci ha preceduto, a volte con le armi in mano, a volte con le idee, a volte con alti ideali, a volte con biechi interessi economici… ma se siamo arrivati fino a qui è anche grazie a chi ci ha preceduto e che, nel bene e nel male, ha lottato per ciò in cui credeva. Compreso il sogno di un’Italia unita.

Io ci metto anche i miei nonni, quello che combatté in Somalia e quello che fece la campagna di Russia. E dei cui racconti udii solo una piccola parte, da piccolo, tramandata a voce.

Spesso il rischio è proprio questo: che chi è stato protagonista cessi di raccontare, di tramandare e che frammenti importanti vadano persi… non vi pare che talvolta (troppo spesso) accada?

E quando ciò accade si perde di identità, perché se non si comprende da dove si arriva, difficilmente allora si ha chiara anche la meta, il dove si vuole arrivare. Oppure essa cambia, e si diventa “altro”, non più ciò da cui si era nati. Ciò a volte è un bene, altre volte invece una vana frustrazione.

E tu, Italia dai mille volti e dai tanti cuori, verso dove stai andando?

Chiudo con un video-musicale di una canzone di De Gregori molto nota. Ma è sempre bella riascoltarla per farci ricordare che la storia ora la facciamo noi, anche noi, cercando le radici e guardando alle mete da raggiungere.

 

Buon cammino nella storia, concittadini italiani!

Andrea Macco

L’uomo è un animale (razionale). Parola di Donna Moderna (Aristotele)

Sono in treno e c’è una signora che legge attentamente Donna Moderna. Il titolo dell’editoriale:
che meraviglia riscoprirsi animali.

Poi vedo che inizia così: L’uomo è un animale. Lo diceva Aristotele. E vale ancora oggi. […]

e avanti ad esaltare tutto ciò che c’è di animale nell’uomo, fino alle passioni e agli istinti.

Peccato che Aristotele dicesse che siamo ANIMALI RAZIONALI che, forse, è un tantino differente. O no?

A parere del sottoscritto l’articolo di Donna Moderna è sintomatico e dice tutto sulla nostra società d’oggi. Si cercano emozioni forti, non si cercano più ideali alti. Troppa fatica. E chi ce la fa fare?!? …

Andrea

Uomo: animale o pensatore?

Le acqueforti incantate di Francesco Piazza

Treviso, culla dello scoutismo italiano (insieme a Genova, dove nacquero invece le gioiose di Mario Mazza). Una villetta isolata in un parco pieno di gufi, tortore, picchi rossi e picchi verdi: l’abitazione semplice e graziosa di Anna Maria Feder e suo marito Francesco Piazza, che furono due grandi scout e di cui i figli spirituali oggi portano avanti il ricordo e il pensiero.

Di tanti cimeli, quelli che mi hanno lasciato più impressionato sono le acqueforti di Francesco Piazza: incisioni che richiedevano un lunghissimo lavoro e in cui Checco metteva una dedizione totale e in cui faceva emergere tutto il suo spirito di osservazione verso la natura. Molto belle in particolare quelle con gli accostamenti tra paesaggi naturali e passi della Parola di Dio.

Penso che un cimelio se resta tale serva però a poco: spetta ale nostre vite renderlo ancora vivo. Come? Prendendo spunto. Non tanto dalle singole opere compiute, ma da quegli ideali che hanno mosso semplici e umili persone permettendogli di compiere cose grandi, opere di bene i cui frutti vivono ancora oggi nelle persone che le hanno respirate.

Ideali grandi più che emozioni forti.

Buona strada agli amici scout e a tutti i cercatori di ideali grandi!

Andrea

Una delle acqueforti di Francesco Piazza, tecnica di  incisione a zinco e stampa ad inchiostro molto elaborata:
solo i più bravi riescono a produrre dei capolavori


Link consigliati: vita e opere di Francesco Piazza, Checco Piazza educatore scout, Centro Studi “Ugo De Lucchi”

La banale perfezione

Dal blog di Divulgazione Scientifica e Astronomica Tuttidentro (legato alla omonima trasmissione radio), leggo questo pensiero dell’artista Carmine Scalzi:

“Chi si spinge con lo sguardo molto in alto, in profondità verso un estremo, non sta facendo altro che spingersi verso il contrario, verso l’opposto: chi guarda molto in alto sta guardando anche in basso.

Questo vale in tutti i campi dello scibile e di tutto quello che si vuole conoscere, non solo nell’astronomia o nella filosofia. Ad esempio, nella recitazione, non ti possono insegnare solamente i caratteri “buoni”, perché per arrivare al buono, devi capire anche il cattivo, che è il contrario… Buono e cattivo fanno parte della stessa faccia. Come la vita e la morte. Se guardi la vita, pensi alla morte, se guardi la morte pensi alla vita”.

Nella vita è importante porsi obiettivi ed ideali alti. Il sottoscritto è uno che non si accontenta. Mai. Eppure tanto più si punta in alto tanto più emerge il nostro limite, la nostra fragilità, la nostra pochezza di esseri non onnipotenti, ma limitati.

Il perfezionismo può essere un processo che si autoa-limenta senza avere mai fine, capace di innescare non solo sconforto, ma anche distruzione. Proprio come un processo di Fisica nucleare: se diviene incontrollato, il perfezionismo genera una bomba che annienta ogni rapporto umano, isolando l’uomo che ha sganciato la bomba che spazza via ogni imperfezione: egli resta solo, coi suoi rimorsi, i suoi sensi di colpa, con l’eterna imperfezione che sarà sempre in lui.

C’è solo un modo di venirne fuori, di far sì che la sete di bello, di assoluto, di verità, di perfetto (di per sè positiva) non diventi un laccio teso per gli altri o un cappio al collo per se stessi: l’accoglienza, la gratitudine, l’apertura a chi ci tende la mano per dirci, oggi e sempre:

«Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
(2Cor 12,9)

Questo il cammino di questi miei tormentati giorni… Solo così, con l’amore e la grazia,  si potrà fare – come dice l’adagio cinese – qualcosa di più della “banale perfezione”…

Andrea