Così ho appreso stamattina la notizia che ti toglie il respiro e, per un momento, ho pensato a che avrei fatto se fossi stato lì, su quel ponte maledetto, in caduta libera, negli ultimi istanti di vita che mi sarebbero rimasti. Probabilmente avrei cercato di affidare la vita a Dio e chissà cos’altro mi sarebbe passato per la mente… Io oggi ci sarei dovuto passare su quel ponte e invece, alla fine, ho rimandato. Forse ci sarei passato prima del crollo, forse no, chissà… ma qualcuno su quel ponte c’era e non ci sono parole. Genova veste il nero, il danno è tremendo e terribile.
Vorrei postare qui quanto ha scritto e condiviso la mia collega di scuola, la prof.ssa di Lettere Cristina Bruzzone. Con poche parole esprime tutto quanto ho in cuore.
Andrea Macco
Ponte Morandi era più di un ponte. Per chi abita a Ponente era un amico, un tappeto magico verso il teatro, verso il centro, verso il lavoro e dal centro in direzione Aeroporto era una porta verso il mondo. Questo crollo ferisce tutti i genovesi perché tutti lo abbiamo percorso e attraversato tante volte ed è difficile credere che ci abbia traditi, che non ci sia più. Siamo tutti immobili, increduli, col fiato sospeso sulla parte del ponte che non è crollata, come quel camioncino verde di Basko.
Senza Ponte Morandi la città è divisa in due, la distanza tra le Riviere è enorme. Gli occhi piangono per le vittime, avremmo potuto esserci noi fermi su quei cento metri crollati, ma lo sguardo è rivolto al futuro di Genova, alle merci, il porto, il traffico. Alla paralisi di settembre. l genovesi sono orgogliosi e non si perdono mai d’animo ma questa è una prova durissima.Cristina Bruzzone