Casualmente l’ultimo post prima di questo era dedicato proprio alla statistica.
Meno casualmente, secondo me, vengono diffusi certi dati che non possono che essere o manipolati o frutto di una cattiva indagine, o di un campione di popolazione assai parziale.
A che mi riferisco?
All’ultima indagine Eurispes (gennaio 2015) sulle abitudini e i costumi degli Italiani. L’ho sentita l’altro giorno per radio e credevo d’aver sentito male, ma ora sul sito ufficiale ho trovato la conferma:
Il 67% degli italiani si è ormai dotato di uno smartphone. Online si fanno anche acquisti (59,9%) e si controlla conto bancario (53%). Praticamente tutti hanno un profilo su Facebook (95,7%), dove però il 43,1% ha sentito violata la propria privacy.
Cosa contesto? Il dato su facebook è PALESEMENTE ERRATO!
E ho pure una spiegazione a ciò: lo è per far sì che chi ancora non vi è iscritto si senta come un verme a stare in quel magro 4.7 % della popolazione e dica: Beh, se ci sono tutti mi iscrivo anche io!
Perché dico che è falso? Perché significa che ogni 100 persone 5 al più non hanno un profilo faccialibro. Dunque una persona ogni 20. Ma è immediato rendersi conto che NON può essere così.
Io possono non fare testo (nella mia famiglia siamo già in 3 su 5 a non essere faccialibrati), ma credo che in qualunque famiglia quasi nessun anziano sappia andare su internet, figuriamoci se ha facebook! Ma anche tra gli adulti… io ho diversi amici che non ci sono. Non tantissimi, ma di sicuro più di uno ogni venti!
In conclusione: diffidare dalle statistiche… ! Sembra che Caroll avesse proprio ragione:
«Se vuoi ispirare fiducia, dai molti dati statistici. Non importa che siano esatti, neppure che siano comprensibili. Basta che siano in quantità sufficiente».
(Lewis Carroll)
E possiamo pure aggiungere il pensiero di Mark Twain e quello di George Canning (che avevo escluso per bontà dall’elenco precedente… forse ho fatto male):
Posso dimostrare di tutto con le statistiche – fuorché la verità.
(George Canning)