La banale perfezione

Dal blog di Divulgazione Scientifica e Astronomica Tuttidentro (legato alla omonima trasmissione radio), leggo questo pensiero dell’artista Carmine Scalzi:

“Chi si spinge con lo sguardo molto in alto, in profondità verso un estremo, non sta facendo altro che spingersi verso il contrario, verso l’opposto: chi guarda molto in alto sta guardando anche in basso.

Questo vale in tutti i campi dello scibile e di tutto quello che si vuole conoscere, non solo nell’astronomia o nella filosofia. Ad esempio, nella recitazione, non ti possono insegnare solamente i caratteri “buoni”, perché per arrivare al buono, devi capire anche il cattivo, che è il contrario… Buono e cattivo fanno parte della stessa faccia. Come la vita e la morte. Se guardi la vita, pensi alla morte, se guardi la morte pensi alla vita”.

Nella vita è importante porsi obiettivi ed ideali alti. Il sottoscritto è uno che non si accontenta. Mai. Eppure tanto più si punta in alto tanto più emerge il nostro limite, la nostra fragilità, la nostra pochezza di esseri non onnipotenti, ma limitati.

Il perfezionismo può essere un processo che si autoa-limenta senza avere mai fine, capace di innescare non solo sconforto, ma anche distruzione. Proprio come un processo di Fisica nucleare: se diviene incontrollato, il perfezionismo genera una bomba che annienta ogni rapporto umano, isolando l’uomo che ha sganciato la bomba che spazza via ogni imperfezione: egli resta solo, coi suoi rimorsi, i suoi sensi di colpa, con l’eterna imperfezione che sarà sempre in lui.

C’è solo un modo di venirne fuori, di far sì che la sete di bello, di assoluto, di verità, di perfetto (di per sè positiva) non diventi un laccio teso per gli altri o un cappio al collo per se stessi: l’accoglienza, la gratitudine, l’apertura a chi ci tende la mano per dirci, oggi e sempre:

«Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
(2Cor 12,9)

Questo il cammino di questi miei tormentati giorni… Solo così, con l’amore e la grazia,  si potrà fare – come dice l’adagio cinese – qualcosa di più della “banale perfezione”…

Andrea