Sulla falsariga del post dedicato ai 50 anni di Snoopy e al suo ideatore (vedere QUI) mi viene segnalato un altro interessante articolo a tema fumettistico, questa volta riguardante personaggi forse meno noti: i Barbapapà. Curiosa e caratteristica la storia del loro ideatore. Anzi, dei loro ideatori e di come i loro personaggi approdarono in Italia. Eccovela.
Andrea
Barbapapà, barbe filanti e altre facce di gomma
Quando Annette Tison e Tylus Taylor fecero nascere sui tavoli di un bistrò parigino quel curioso, gigantesco ectoplasma rosa, non immaginavano certo di aver plasmato l’indefinibile protagonista di un successo su scala planetaria. Fuori infuriava la tempesta del maggio francese che scuoteva le coscienze dei giovani: sui tavolini di quel caffè lei, architetto e designer, lui matematico e biologo, dovevano scrivere una relazione scientifica, ma fecero restare tutti di stucco con il loro barbatrucco. Sono trascorsi quarant’anni dalla prima apparizione a fumetti (che Annette e Tylus han trascorso da marito e moglie), e «Barbapapà» per estensione è diventato il nome di tutta la famiglia di quei grossi, coloratissimi e amichevoli blob, capace di influenzare la lingua italiana con l’introduzione del neologismo «barbatrucco» e persino i giapponesi di Kodansha e Studio Ghibli, quelli dei robottoni e di Drangoball. «La scarsa animazione e la semplicità delle storie, non impediscono alla serie animata di sollevare gradi entusiasmi tra i giovanissimi, affascinati dalle incredibili trasformazioni dei gommosi protagonisti» è l’opinione dei Kappa Boys, il gruppo che per primo ha introdotto i manga in Italia.
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