Visto il dibattito che si è aperto sul Nucleare anche grazie al prezioso contributo di Sabino Gallo (post dello scorso 20 dicembre 2009: la compatibilità sociale del Nucleare), e visto che viene così spesso citato il famoso Referendum del 1987, riporto una volta per tutti gli estremi della questione. (Ringrazio Mario Lauro per alcuni contributi).
1) Leggi post referendum del 1987
La Costituzione Italiana prevede per i referendum abrogativi (gli unici per i quali serva il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto al voto) un vincolo di 5 anni. Ovvero: una legge approvata dal Parlamento e controfirmata dal Presidente della Repubblica e poi abrogata da un referendum popolare non può essere ripresentata nella stesso modo per un periodo di cinque anni a partire dalla data di abrogazione.
In Italia ovviamente si è trovato comunque il modo di aggirare questo vincolo: ad esempio, nel 1993, fu abrogato mediante referndum il Ministero dell’Agricoltura ma non le strutture operative dipendenti da quel Ministero (questo per via di un’altra Legge che impediva la chiusura degli Ispettorati provinciali all’agricoltura). Questo fatto creò una situazione di en-pass paradossale che, in sostanza, “obbligò” lo Stato a ridare operatività alla struttura soppressa dal referendum: si trasformò l’ex Ministero dell’Agricoltura in Ministero per le Politiche Agricole. Di fatto fu come se il Referendum non fosse mai stato effettuato (ma chi pagò il costo di tutta la votazione?).
2) Il testo del Referendum del 1987
Le tre domande che furono rivolte ai cittadini elettori italiani furono le seguenti (se ne riporta il senso, più che il contenuto esatto):
- Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti?
(la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante “la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento”, previste dal 13° comma dell’articolo unico legge 10/1/1983 n.8)
- Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?
(la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante “l’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi”, previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge)
- Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero?
(questa norma è contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la N.856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’ENEL).
IN SINTESI: all’ atto pratico, con le tre domande si domandava di cancellare alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti energetici: la prima era stata creata per evitare che il sindaco di un piccolo paese di duemila abitanti dove era previsto l’insediamento di una centrale nucleare potesse opporsi ad oltranza, mentre la seconda era la cosiddetta “monetizzazione del rischio” per i comuni che ospitavano impianti di produzione di energia (non necessariamente nucleari, ma anche a carbone).
3) Risultati dei tre “referendum sul nucleare”:
In tutti e tre i casi vinse il SI all’abrogazione.
1- Referendum per l’ abolizione della procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari | ||
Elettori | 45.869.897 | |
Votanti | 29.862.376 | |
% Votanti | 65,1 | |
Astenuti | 16.007.521 | |
% sugli Elettori | 34,9 | |
Voti Validi | RISPOSTA AFFERMATIVA | 20.984.110 |
% | 80,6 | |
RISPOSTA NEGATIVA | 5.059.819 | |
% | 19,4 | |
Totale | 26.043.929 | |
Voti non Validi | Totale | 3.818.447 |
% sui Votanti | 12,8 | |
Schede Bianche | 2.536.648 | |
% sui Votanti | 8,5 |
2 – Referendum per l’ abolizione dei contributi a regioni e comuni sedi di impianti elettronucleari | ||
Elettori | 45.870.230 | |
Votanti | 29.871.570 | |
% Votanti | 65,1 | |
Astenuti | 15.998.660 | |
% sugli Elettori | 34,9 | |
Voti Validi | RISPOSTA AFFERMATIVA | 20.618.624 |
% | 79,7 | |
RISPOSTA NEGATIVA | 5.247.887 | |
% | 20,3 | |
Totale | 25.866.511 | |
Voti non Validi | Totale | 4.005.059 |
% sui Votanti | 13,4 | |
Schede Bianche | 2.654.572 | |
% sui Votanti | 8,9 |
3 – Referendum per l’ abolizione della partecipazione dell’ Enel alla realizzazione di impianti elettronucleari all’estero | ||
Elettori | 45.849.287 | |
Votanti | 29.855.604 | |
% Votanti | 65,1 | |
Astenuti | 15.993.683 | |
% sugli Elettori | 34,5 | |
Voti Validi | RISPOSTA AFFERMATIVA | 18.795.852 |
% | 71,9 | |
RISPOSTA NEGATIVA | 7.361.666 | |
% | 28,1 | |
Totale | 26.157.518 | |
Voti non Validi | Totale | 3.698.086 |
% sui Votanti | 12,4 | |
Schede Bianche | 2.388.117 | |
% sui Votanti | 8,0 |
(fonte: “Ministero dell’ Interno” – Dipartimento per gli Affari interni e territoriali – Direzione Centrale dei Servizi Elettorali )
4. Conseguenze del Referendum
Innanzi tutto è da notare che i tre referendum, così come erano stati formulati, non permisero agli italiani di esprimersi anche su un altro quesito: se permettere di comprare o meno energia elettrica prodotta da centrali nucleari all’ estero. Ecco perchè ancora oggi l’ Italia può comprare energia nucleare dalla Francia, dalla Svizzera e dalla Slovenia.
Il Governo Goria-Amato allora in carica, considerati i risultati del referendum, procedette alla sospensione dei lavori della centrale di Trino 2 (Vercelli), alla chiusura della centrale di Latina, alla verifica della sicurezza delle centrali di Caorso (Piacenza) e di Trino 1 (Vercelli) e della fattibilità di riconversione della centrale di Montalto di Castro (Viterbo).
IN PARTICOLARE: A seguito del referendum il governo Goria decise di chiudere Latina ( Garigliano era già chiuso ) , di lasciare Caorso in funzione e di completare Montalto di Castro ( che era circa all’80 % ). Questa decisione non venne condivisa dai ministri del PSI (tra cui Amato e Martelli) la cui uscita dal governo ne determinò la caduta . Il successivo governo Craxi decise invece la chiusura di tutti gli impianti ed una moratoria sul nucleare di 5 anni .
5. La Moratoria del 1988 e le successive decisioni
Con il referendum abrogativo del 1987 è stato “di fatto” sancito l’abbandono, da parte dell’Italia, del ricorso al Nucleare come forma di approvvigionamento energetico. In attuazione di detto referendum, infatti, nel 1988 il Governo italiano, in sede di approvazione del nuovo «Piano energetico nazionale», ha deliberato la moratoria nell’utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, lanciando nel contempo un programma per l’arresto, a breve, dell’assemblaggio di combustibile nucleare.
Con detta procedura, si è pertanto posto il problema dello smantellamento delle centrali nucleari esistenti e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dal funzionamento delle stesse. A questo problema hanno dato concretamente seguito, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, varie delibere del CIPE, che hanno disposto la chiusura definitiva degli impianti interessati. Tra dette delibere, si segnalano in particolare quelle relative alle centrali di Trino Vercellese e Caorso (luglio 1990), che avevano già provveduto, peraltro, alla preventiva fermata degli impianti nel marzo del 1987.
In linea generale, negli anni subito successivi (tra il 1987 e il 1995), ci si è preoccupati soprattutto di procedere alla definitiva ed effettiva chiusura degli impianti in esercizio.
6. CONSIDERAZIONI varie sul Referendum del 1987 e su possibili nuovi referendum
I referendum proponevano l’abrogazione di tre leggi relative al percorso per la realizzazione delle nuove centrali; tuttavia il Governo allora in carica non fu in grado di far rispettare solo quanto abrogato con il referendum, ma venne accettato il principio che quel NO si dovesse applicare anche agli impianti in corso di realizzazione che pertanto dovevano essere completati in quanto soggetti alle leggi in vigore al momento dell’apertura dei cantieri.
Molti hanno fatto osservare che ci fu una grave latitanza della Corte Costituzionale che avrebbe dovuto intervenire per far applicare l’abrogazione delle sole tre leggi oggetto del referendum.
E’ tuttavia nelle legittime facoltà di un Governo stabilire un Piano Energetico Nazionale che comprenda le varie fonti di produzione di energia. Come fu legittima la scelta di un Piano Energetico Nazionale senza Nucleare alla fine degli anni ’80 (anche alla luce del risultato del Referendum benché questo non obbligasse affatto il Governo a muoversi in tale senso) , è altrettanto legittima oggi una differente pianificazione energetica (tanto più che sono trascorsi abbondantemente i 5 anni previsti dalla Costituzione italiana).
E’ importante sottolineare che il Piano Energetico Nazionale deve essere approvato dal Parlamento e non dai singoli cittadini i quali, se vogliono, possono organizzare un’altra raccolta di firme volta ad indire un nuovo referendum abrogativo, ma con quesiti simili a quelli del 1987 e non certo con un NO secco al nucleare altrimenti il referendum sarebbe dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale.
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Cos’è costato smantellare dette centrali nucleari ? Il personale addetto com’è stato impiegato? Perché in questi casi si terrorizza la popolazione? Mimmo Derasmo