La politica del fare e del disfare. Anche in Vaticano

Ho sempre guardato con sospetto la politica del fare-disfare che ha visto protagonista l’Italia negli ultimi decenni. Sale un Governo e dispone certe Leggi, ne arriva un altro e disfa il lavoro compiuto e ne imbastisce uno nuovo. Poi il Governo cade e il successivo rifà tutto. E avanti.

Cosa si ottiene? Il rinnovamento di cui ha bisogno il Paese va a rilento.

  

Scandalo. Si tratta metaforicamente di un inciampo su strada ciottolata.  

Scandalo. Si tratta metaforicamente di un inciampo su strada ciottolata.

In questi giorni mi è sembrato di vedere, purtroppo, qualcosa di analogo in Vaticano. Con il gesto di riconciliarsi con i Lefevriani visto da molti come un disfare quanto compiuto dal precedente pontificato. È probabile che le intenzioni non fossero quelle di allentare il dialogo ecumenico (ossia con le altre confessioni cristiane) e il dialogo inter-religioso (con l’ebraismo in particolare) ma di fatto l’effetto sortito è stato quello di dare scandalo, nel senso letterario del termine, ovvero, di fornire un inciampo per chi stava con fatica e sudore portando avanti questo cammino.

 

Ma il fare-disfare vaticano non sembra si sia limitato a questo episodio: si pensi ai viaggi compiuti da Giovanni Paolo II in giro per il mondo. Il nuovo Papa li ha ridotti. Poi c’è tutta la questione del rito tridentino e della Messa conciliare  post-conciliare. Certo, non è stata imposta ma lasciata facoltativa. Ma per molti il messaggio recepito è stato quello di un ritorno al passato, quello, appunto, di un disfare. E se cosi non è, allora servirebbe che il prelato-Ministro di turno esponesse con maggiore chiarezza le intenzioni, il significato di queste mosse. E si dimostrasse di non voler volgere le spalle al cammino intrapreso da Giovanni Paolo II e invece… politica italiana docet. Martini ha la sua linea politica, Tettamanzi ne ha un’altra. Il Vescovo tal dei tali è favorevole al sacerdozio di persone già sposate, l’altro dice che non se ne deve manco parlare pena la scomunica. Il don Farinella di turno predica arsenico contro le gerarchie, il card. Bagnasco sempre di turno predica invece il praticar la massima obbedienza verso le voci ispirate. Ma poi lui stesso va a disfare quel che il suo predecessore (non l’ultimo arrivato) aveva intessuto, vedi messa in genovese. 

 

La domanda che vi lascio: Cui prodest? A chi giova tutto questo?

2 commenti su “La politica del fare e del disfare. Anche in Vaticano

  1. Non certo alla Chiesa.
    In effetti, ultimamente, faccio fatica a capire i motivi di certe posizione assunte dal Vaticano. Che ci sia un’aria di “restauro” di una certa fede tradizionalista (che non è solo la S.Messa in latino) è chiaro e lampante. Che si stia in qualche modo rallentando un processo di “modernizzazione” della Chiesa iniziato con GPII è altrettanto vero.
    Mi fa specie pensare che sia stato riammesso nella Chiesa un vescovo di chiare posizioni negazioniste nei confronti della Shoha ebrea durante la IIa guerra mondiale, è grave e imbarazzante per chi vive quotidianamente il confronto ecumenico e non solo. Come faccio a difendere una posizione, una decisione che non condivido? Ovvio che non è possibile senza essere sputtanato immediatamente.
    Prego il Signore che mi faccia capire il senso di tutto ciò perchè da solo non ce la faccio.
    Allora cui prodest?
    A chi vive di polemica sicuramente, a chi non vede l’ora di demolire la Chiesa ancor di più, e gli assist che vengono forniti sono veramente invitanti.
    I vari Odifreddi e Augias ci scriveranno dei libri e diventeranno ancor più ricchi e celebri.
    Ahi noi.
    Ciao

  2. Quello che dice Marcello è condivisbile. E pure quello che dici tu Andre.
    La cosa brutta e che in vaticano non sembrano capire è che tutto questo è usato da chi ce l’ha con la fede e i cristiani per attaccarli sempre di più.
    Per fortuna la Chiesa non è solo costituita dai monsignori e dai vescovi e cardinali che stanno a Roma… Non sei tu che lo dici sempre Andre?

    Un abbraccio!
    Fra

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